domenica 28 aprile 2013

Perché scrivere oggi?


Perché ho scelto di insegnare?
Perché ho sempre voglia di imparare.

Certamente oggi è stata una lunga giornata. Quando le giornate diventano lunghe significa che la speranza che arrivi presto la sera, la notte, cresce sempre di più, ogni minuto che passa. Perché scrivere? Perché oggi ho letto troppo, letto di tutto, ascoltato di peggio, pensato di più. Non è che generalmente non pensi, ma essere costretta a riflessioni che non vorresti fare, a pensieri che non vorresti avere, a sguardi che non vorresti incrociare...seppur solo nei ricordi, non è sempre facile, non è sempre “volontario” o salutare.
Tanti gli “attori” della giornata. Tanti i piedi a far rumore su un palcoscenico affollato e rumoroso. Tanti copioni e ...altrettanti ricopioni, lanciatori di link, smanettatori maniaci di post altrui che la mano lancia lontano magari senza leggere o controllare e spesso senza commentare. 

La parola del giorno è VIOLENZA. Si, l’ho urlata, ok? VIOLENZA!

A me la violenza non piace, mi spaventa, mi toglie il fiato e qualsiasi capacità logica di reazione. Ho conosciuto la violenza...quella verbale, quella violenza che fa rima con minaccia. Questo è bastato a togliermi la parola, ma non certo il disprezzo e l’odio contro la violenza, anzi ne ha aumentato il disgusto.

Io odio la violenza ... non dovevo dirlo? Odio è violenza? No, l’odio è un sentimento, un brutto sentimento che ti consuma dentro, fine a se stesso, anzi che ha fine in te stesso, ci fa male, ci corrode ma non porta a niente se non a consumarci, purtroppo quando c’è è anche difficile cancellarlo, gli animi e le persone non hanno tutte la stessa forza. Quando l’odio si trasforma in violenza esce fuori da te. Da me non è mai uscito l’odio, nel senso che non si è mai trasformato in violenza, mi ha consumato e basta, ho avuto spesso parole di rabbia o rancore, ma, penso, completamente giustificate, mentre chi ne ha avute per me non era giustificato e mi ha fortemente deluso. Ma questa è un’altra storia.

Oggi, 28 aprile, l’odio il rancore la rabbia i problemi la vita di una persona si sono trasformati in violenza.




Un uomo ha sparato a due altri uomini perché “non ce l’aveva con loro” semplicemente ce l’aveva con chi loro rappresentano. Quest’uomo è stato chiamato folle, poi è stato chiamato disperato ... e certamente la differenza tra le due definizioni è enorme. Ora “da folle è folle e quindi va fermato  e punito per questo, da disperato va compreso e quindi magari anche aiutato” così dicono i più. Comprendiamo?

So che il mio Bel Paese non si trova certamente in buone condizioni, sarebbe da stupidi ed irresponsabili dire che non è così, dire che non ci sono persone che hanno problemi di vario tipo, che la sfiducia nelle Istituzioni, nella giustizia, in chi ci rappresenta o dovrebbe farlo sia un sentimento molto diffuso.
Ma non per questo si può giustificare e neanche comprendere la violenza. No, non si può.
Dobbiamo essere disposti a ragionarci su, riflettere su cosa può accadere in una situazione difficile, quando una persona disperata non ce la fa più, tanto che la sua disperazione potrebbe portarlo a gesti estremi, possiamo e dobbiamo aiutare chi è in difficoltà, chiedere a chi deve aiutare di farlo, aiutarci magari l’un l’altro, ma crederci ... ricordiamo la costituzione?

« La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. »
art. 2

si parla di solidarietà vero? ah mi era sembrato, io credo nella costituzione, tutti dovremmo farlo, ma mai e poi mai possiamo arrivare a dire che la disperazione giustifica la violenza o peggio inneggiare al gesto di violenza, perché tale resta in ogni caso.
Io ho letto la nostra Costituzione, io la insegno e la faccio studiare e non sono un avvocato o un docente di giurisprudenza. Sono solo una semplice insegnante di lettere in una scuola media (chiamiamola così che è più diretto),anche se ancor prima di essere un’insegnante sarei una persona, e poi anche una cittadina italiana.

Insegno ai miei alunni che la violenza non è mai la soluzione, che il dialogo è la sola strada della comprensione e della solidarietà, che bisogna che ci aiutiamo gli uni con gli altri.
Insegno loro che se io sto dietro una cattedra sto lì per parlare ma anche per ascoltare, l’aula è il luogo del dialogo e così deve essere la società. Insegno loro che non bisogna urlare, che tutti possiamo parlare se lo facciamo in modo composto, insegno a chiedere scusa, a parlare apertamente, ad esprimere le loro opinioni, cerco di insegnare loro ad avere loro idee ... insomma le parole riempiono la mia classe.

Ora vi chiedo: è così difficile? Non mi venite a dire che la scuola è diventata altro dalla società, o che la scuola è lontana dalla società. I realtà è la società che si sta allontanando dalla scuola e chiede a me di rimediare, a me come agli altri docenti. Cosa dovrei fare io? Insegnare ad urlare? Insegnare che la violenza è giustificata se una persona perde il lavoro o rimane solo? Così andrebbe meglio? Cosa devo insegnare? Che i carabinieri o la polizia non ci difendono ma difendono solo chi non ci governa come vorremmo? Devo insegnare che strillare per farsi sentire o accusare o scaricare colpe è legittimo? Questo è quello che ho visto e sentito e letto oggi ... e sono inorridita.

Io chiedo scusa ai miei alunni quando sbaglio o li interrompo mentre parlano o leggono, spiego loro le regole invece di ordinare, non impongo il mio modo di pensare, chiedo la loro opinione anche per distribuire le ore durante la settimana o dare compiti, non strillo mai con loro. Ma soprattutto insegno cosa significa: responsabilità, dovere, solidarietà, rispetto, emozione, sentimento.

Ora vi chiedo: è così difficile? Sì, per me diventa sempre più difficile, se poi fuori, fuori nel mondo che loro, i miei alunni, abitano e si preparano a vivere con maggior consapevolezza, autonomia e maturità, c'è chi inneggia alla violenza.

Sbaglio io a voler insegnare tutte queste belle cose? Sono un’illusa? Ingenua?

A cosa serve la violenza? A NIENTE

Vogliamo dare il buon esempio e cancellare la violenza dalle nostre parole? Cancellarla dai toni, dai contenuti, dalle accuse reciproche, dalle strumentalizzazioni, dalle bocche di chi strilla e non si accorge di sputare proclami e di avere invece una grande responsabilità? La responsabilità dell’esempio.

Perché scrivere? Oggi ho voluto scrivere perché non mi piace la violenza, degli atti come delle parole. Le parole di violenza istigano e fomentano, si tramutano in altra violenza. Oggi ho voluto scrivere perché di fronte ad un atto di violenza, perché questo è stato, molti hanno giustificato, inneggiato, fomentato. E questo è peggio della violenza e io non ci sto, sebbene viva in un Paese e ne riconosca, purtroppo, le difficoltà. Io non ci sto, perché ognuno è libero di dire ciò che vuole, ma tutti dovrebbero sempre tenere a mente che le parole hanno un enorme valore, hanno conseguenze, restano nelle menti, colpiscono, ed è per questo che io vorrei maggiore responsabilità in chi usa le parole, libertà sì, ma anche responsabilità.


sabato 6 aprile 2013

Dimmi cos’è


se si potesse viaggiare nel tempo, non sbaglieremmo più i congiuntivi

- Dai, forza! Non farti pregare! Dimmi cos’è, com’è... su! Io non sono sicura di averlo capito bene, ancora no. A chi altro potrei chiederlo?

- Non è facile rispondere alla tua domanda, tra l’altro non sono sicura di conoscere bene la risposta ... non hai altro da chiedere?

- No. Ho solo questa domanda per te. Diciamo che per ora è la più importante. E poi, dai tuoi occhi, capisco che tu sai la risposta ma non vuoi aiutarmi. Perché? Puoi dirmi quello che vuoi, siamo solo io e te. Qui. Per ora. Ho bisogno di una risposta.

- È proprio questo il problema: non esiste una risposta. Ce ne sono tante. Tutti modi diversi di vivere, personali, irripetibili. Come spiegare? Spiegare mi sa tanto di teorema di Pitagora. Ci vuole tempo, le parole giuste ... è difficile, qualsiasi risposta non sarebbe completa.

- Ma noi ne abbiamo di tempo! Il tempo, quello tra noi due, ce lo gestiamo noi, siamo noi che decidiamo quando andare, quando parlare, quando essere. Il tempo non è un problema e qualsiasi risposta per me sarebbe già una soluzione, se, come dici tu, non esiste “la” risposta. Dimmi quello che sai, poi sarà la vita a darmi il resto. Ho bisogno di una finestra, un punto di partenza, un punto di vista dal quale partire per godere di un paesaggio. Una sola foto, poi provvederò io a scattare le mie foto e ti prometto che non saranno mille, ma saranno poche foto scelte, impresse su un vecchio rullino, a costruire il puzzle della mia vita.

- Oddio ... così mi fai sentire in imbarazzo ... sto parlando ad una donna o ad un’adolescente? Tu già sai quello che vuoi, perché hai bisogno di me? delle mie poche certezze?
- Sono solo una ragazzina. E sì, ho bisogno di te e tu sai il perché.
- Mi hai convinto, ma non sarà un discorso breve, né tanto meno semplice. Chiedimi ciò che vuoi, preferisco dialogare, non mi è mai piaciuto predicare da dietro una cattedra.


Dimmi cos’è l’amicizia.
Ci provo. Ma poi non te la prendere con me se non sarò stata esaustiva ... io ti avevo avvertito.
Te la racconterò alla mia maniera, che spero saprai riconoscere e comprendere.
La prima cosa che mi viene in mente è l’ascolto. Amicizia significa saper ascoltare ed essere ascoltati.

- E no, mi avevi promesso spiegazioni, non mi prendere in giro. Ascoltare è facile. Io ascolto musica, ascolto i prof, ascolto prediche ... insomma è facile, basta saper usare le orecchie!

- Ti sbagli. Ascoltare è difficile. Ascoltare non è sentire. Non puoi abbandonarti alla distrazione quando un’amica ti confida, ti parla, ti chiede. Ascoltare significa rispettare. E questo non si fa solo con la testa, si fa con tutto di te, ascoltare è sentire anche cosa le parole vogliono dire oltre se stesse, parole che oltrepassano sguardi, restando incastrate tra le righe di un pentagramma che si sta componendo. Ascoltare significa anche riempirsi di sé. Costruirsi. Noi siamo come dei bicchieri ci riempiamo perché qualcuno ci aiuta a farlo, perché qualcuno è disposto a farlo e noi ci colmiamo delle sue parole; ma ricorda che arrivati al bordo devi poter e saper restituire ciò che ti è stato dato. Ascoltare ed essere ascoltati. 

- Non è semplice parlare. Io non sono mai stata molto capace a parlare, soprattutto quando si tratta di me; non trovo mai le parole giuste, ho paura che gli altri possano fraintendere, alcune cose sono solo mie e non riesco a dirle ... sembra quasi che dicendole non siano più mie o magari siano diverse da come erano nella mia testa.

- Lo so. Quello che devi scoprire è il desiderio di parlare, questa volontà nascerà insieme alla voglia di condividere e non si può fare con chiunque. Vedrai, sarà bello e neanche te ne accorgerai. Chi ha detto poi che non si possano avere dei segreti? o chi ha detto che non si possa stare anche in silenzio? L’amicizia non pone divieti in tal senso. I segreti siamo noi, ognuno di noi si deve appartenere, dobbiamo avere una zona buia con la quale fare i conti o magari solo confortarci alla nostra maniera. Il silenzio è un momento prezioso. Dal silenzio nascono pensieri, nel silenzio siamo solo noi e la nostra coscienza ... ne abbiamo bisogno per crescere da soli, per misurare le nostre forze. Il silenzio placa le nostre paure. Conforta i nostri pensieri.  È il sentiero che porta alla nostra anima. Dopo, solo se saremo pronti, potremo dar voce ai nostri silenzi. Il silenzio va ascoltato e rispettato. Mai frainteso, quando esiste la fiducia.
La fiducia. Questa è la seconda parola magica. Non è male essere diffidenti. Spesso ho ringraziato il destino per la mia diffidenza. L’istinto a volte mi avrebbe portato a scelte sbagliate, non tutte le persone sono adatte a noi. Questione di appartenenza, di affinità. Ma la fiducia è per molti una scelta difficile. Si costruisce gradualmente, è come smontare un muro mattone dopo mattone, si comincia dall’alto, fino a che compaiono gli occhi dell’amico, il suo sguardo che ti dice se puoi continuare a demolire quel muro, e poi giù fino al cuore ... e lì, forse, ti potrai sentire finalmente sicuro. Lasciarsi andare è complicato.
- Ma come si può essere sicuri? Nessuno mai ti dirà se puoi fidarti fino in fondo, se chi ti sta di fronte non ti mentirà mai, se sarà tuo amico per sempre...come?

- Nessuna certezza. Solo il rischio. Ma devi decidere tu se vale la pena affrontarlo. In fin dei conti chi ti sta di fronte sta pensando le stesse cose che pensi tu, ha gli stessi dubbi, si pone le stesse domande. Rischiare insieme non è poi tanto male, rischiare significa vivere, scegliere e l’amicizia è un modo piacevole per farlo anche se la scelta potrebbe essere quella sbagliata e potresti soffrire.

- E il tradimento allora? Lo so che non parliamo d’amore, ma due amici si possono anche tradire. Non so se voglio correre questo rischio. Mai sono stata tradita, ma ho paura di lasciarmi andare, ho paura che tutto finisca e ... finisca male. Magari sarò io a tradire ... non lo so. Non posso escluderlo, non so cosa potrà succedere. Penso all’amicizia come a qualcosa di importante e sicuro. Qualcosa di necessario e confortante. Una coperta sempre pronta a scaldarti. Tu sei mai stata tradita?

- Sei come me. Ho avuto sempre paura dei sentimenti. Il tradimento è insopportabile. Io ... sono stata accusata di aver tradito. Ma non l’ho mai fatto. Se siamo veramente uguali tu non tradirai mai, la tua diffidenza ti divorerà, ti renderà insicura, ma mai tradirai. Io non l’ho mai fatto in tutta la mia vita, in alcuni casi ho preferito non avere fiducia, ma quando ho detto “ti voglio bene” è stato per sempre. Se sono stata tradita? Sì. Qualcuno l’ha fatto. Alcuni sono volati via nell’indifferenza più completa, altri, pochi, restano ancora nel mio cuore. Triste è il momento in cui scopri chi erano i veri amici.

- Come ti sei sentita?

- Le incomprensioni fanno parte di qualsiasi tipo di rapporto umano. Che sia amore, amicizia, ... ma il consiglio che voglio darti è quello di parlare, parlare sempre. Le parole sono tutto ciò che possediamo, servono ad esprimere emozioni, idee, servono a farci venir fuori da quel groviglio di riflessioni che facciamo solo con noi stessi e che finiscono per confonderci e basta. Se non riesci più a parlare o ascoltare l’altro, allora qualcosa non va. Ma parla, anche se la verità è una pesante verità. Credimi, il dolore che si prova quando l’altro non ti ascolta o non ti parla più è un dolore infinito. Una lama che ti taglia in due lasciandoti un vuoto profondo nello stomaco. Allora sei lì che ti chiedi se il tuo amico o la tua amica che ora non ti ascolta più, lo abbia mai fatto veramente. Se sia stato un vero amico sin dall’inizio. E al silenzio si accompagna il dubbio.

- Mi hai risposto. Ho capito. Ho capito che erano amicizie importanti. Forse una. Non riuscirò mai ad affrontare tutto questo. Stiamo parlando di amicizia con la A maiuscola non di due compagne di banco ... vero? Sembra tutto così impegnativo, difficile, troppo per me. Era questo che volevo, ma non so come siamo arrivate a questo punto. Le tue parole sono tristi e dicono di sentimenti ancora vivi, che fanno soffrire.

- Guarda che me lo hai chiesto tu...io parlavo di fiducia. L’altra faccia del tradimento. Ma sì, hai ragione. Ci siamo intristite troppo. Sai, quando un’amicizia diventa molto importate il dolore che si prova per un tradimento, un’offesa, un fraintendimento è grande quanto il bene che si vuole. Faresti qualsiasi cosa per spiegare, per dire che hai sbagliato, chiedere scusa, o magari che è stato tutto un errore. Non essere creduti e ascoltati è la sensazione più opprimente. Forse questo ci ha trascinato, anzi, mi ha trascinato un po’ troppo fuori strada, in riflessioni tristi, come dici tu. Possiamo rimediare. Ma prima voglio darti un altro consiglio.

- Ok per il consiglio, ma poi l’hai promesso. Se tutti dicono che l’amicizia è il più bel sentimento che c’è, allora lo voglio sentire da te, voglio sapere da te perché.

- Fidati, io non ne so nulla. Comunque sarà pure il più bel sentimento che c’è ma ricorda una cosa: non devi mai dimenticare che al primo posto della tua vita ci sei tu. Solamente tu. Non pensare mai di non valere niente, non pensare mai che non puoi farcela da sola, mai e poi mai dovrai pensare che hai assoluto bisogno degli altri, l’unica persona che ti è necessaria sei tu. Per me è ormai troppo tardi. Qualcuno mi ha fatto credere che valevo molto in due e come una stupida ho creduto di valere poco da sola. Ma era talmente bello  valere in due, una goliardica complicità, che ormai non so più cosa sono io.

- Questa cosa non la capisco ... è una di quelle cose che dicevi prima: un groviglio di riflessioni che facciamo solo con noi stessi e che finiscono per confonderci e basta. Scusa, ma non riesco proprio a capire.

- Qualche volta accade di trovare un amico o un’amica importante, esistono tanti tipi di amicizia, hai presente quella che i bambini chiamano l’amichetta del cuore? Ecco. La tua amichetta del cuore è talmente uguale a te che ti diverti con lei qualsiasi cosa facciate insieme. Siete talmente affiatate da pensare le stesse cose, ridere prima di parlare, finirsi le frasi a vicenda, farsi venire idee ... insomma le due parti di una mela. E bada bene parlo di vera amicizia, l’amore non ci interessa, gli amici possono essere più complici a volte di due innamorati.

- Ma, non ti spaventa tutto questo? Prima mi consigli di “non perdermi di vista” poi mi dici che è divertente essere complici. A me spaventa perché ...

- Dimmelo tu perché. Vorrei sapere cosa ne pensi.

- Ecco. A pensarci bene ... il tradimento mi ha lasciato troppo amaro in bocca e forse questa ... complementarietà, la possiamo chiamare così? insomma questo essere complici mi spaventa perché ... e se l’amicizia dovesse finire? Chi dei due potrà andare avanti senza l’altro? Si può arrivare ad un punto in cui si dimentica cosa significa essere da soli? ridere da soli, costruire da soli, pensare da soli, consolarsi ... sì, ora capisco il senso del tuo consiglio. Senti, però, ma quanto è difficile quello che mi dici. In fin dei conti basta scommetterci poco, crederci poco, insomma, viversela così come viene senza dare troppa importanza all’amicizia o farsi tanti amici e andare avanti. Sarebbe meglio, non credi?

- Ma brava! Che bella soluzione preventiva. E quindi rinunceresti a tutto così, solo per la paura di rimanere sola?

- No. La mia paura non è solo quella. Ho paura che ...

- Cosa?

- Insomma. Ho paura che uno dei due non si diverta ad essere una metà della mela, quei gradi che mancano ai novanta. Allora mi chiedo ma ne vale veramente la pena?

- La paura è ammissibile ma se sapessimo ogni volta se ne vale la pena, in ogni cosa, non avremmo problemi ma neanche vivremmo più. E poi dimentichi che manca il resto della mia storia. Detto tra noi sentirsi la metà di una mela è bellissimo come riuscire a scoprire qualcosa di te che non conoscevi prima, anche se anch’io ho fatto i conti con la paura di cui parli. Conviene rischiare.

- Spiegami perché conviene. Siamo qui per questo.

- Conviene ... per un paio di ciabatte, per un torta di compleanno, per due panini avvolti nella stagnola, per una lacrima dietro una pizza, per un profumo, per una canzone, per un gioco di parole, per un consiglio, per una parola al momento giusto, per una buonanotte, per un come stai, per un caffè e dei pasticcini, per Calvino, per un tizio curioso in treno, per la nascita di un’idea, per ...

- Ehi! Ma sei impazzita? Prima la butti sul filosofico, ascolto, fiducia, tradimento, riflessioni...e poi? Una lista di scemenze! Per di più sono quasi tutte cose da mangiare!

- Scemenze? Sai cosa sono i ricordi?

- Sì. Anzi, meglio che stia zitta o per lo meno rifletta un attimo. Sicuramente avrai una risposta importante, bella pronta e ... non voglio cadere a pie’ pari nel tuo tranello. Scusa ma...un paio di ciabatte?

- Proprio così e al primo posto direi di mettere: ridere senza motivo. Bello vero? Ti devo spiegare una cosa così importante come l’amicizia e vado parlando di cose senza senso. Il mio ricordo più bello trascorso con un’amica è proprio un momento in cui ho riso senza alcun motivo. Non mi era mai capitato prima e ti giuro è stato, e rimane tuttora, il momento più bello della mia vita. Per la prima volta in vita mia ho fatto una cosa senza pensarla prima, senza senso, senza motivo e ... non riuscivo a fermarmi. Ancora oggi, quando sono giù, ripenso a quel momento e il cielo diventa un po’ più azzurro, mentre un sorriso ebete mi si dipinge sul volto.
I ricordi sono i momenti, ma non quei secondi che un orologio conta per arrivare alle ore, momenti come vita; l’elenco che ti ho fatto senza respiro è vita. Dietro ad ogni singolo oggetto, gesto, parola c’è un mondo, ci sono dei sentimenti, delle emozioni. Nessun tradimento cancellerà mai i momenti. Nessuna offesa cancellerà mai le emozioni. Nessuna bugia potrà mai rimuovere la spontaneità e la semplicità dei momenti in cui un amico o un’amica ha avuto bisogno di te e tu eri lì...anche a fare la scema, ma eri lì, anche con un sorriso ebete, ma eri lì. O loro erano lì per te.

- Capito...però ne hai di fantasia ad esserti inventato tutti quei ricordi e solo per me!

- Sì. Inventato.

- Una volta una prof a scuola ci fece leggere dei brani sull’amicizia. In più di uno si parlava di amici nel momento del bisogno, amici e segreti, amici per condividere gioie e dolori. Insomma, tutte frasi che a me sono sembrate scontate, retorica vuota e ripetitiva. Quella prof non ci spiegò mai il valore dei momenti, attimi che diventano ricordi. Mi piace. Voglio anch’io i momenti.

- Li avrai. Lasciati andare e li avrai e ti sentirai al sicuro. Ricorda però che potrebbe arrivare uno di quei momenti che proprio bello non sarà.

- Ecco che ci risiamo! Avevamo iniziato un bel discorso e poi? Torniamo a parlare di cosa? Ancora tradimento?

- No. Rispetto. Stavolta si parla di rispetto. Sai cos’è?

- Forse. Rispetto qualcuno quando lui ha un’idea diversa dalla mia, ma io non sto lì a criticarlo o a deriderlo, lo ascolto, confronto la sua idea alla mia e insieme ... abbiamo due idee.

- Brava...insieme avete due idee. Non dimenticare che l’amicizia è solo uno dei tanti modi per vivere in mezzo agli altri, è un privilegio, un dono da custodire.

- Custodire? Mi stai dicendo che bisogna comunque impegnarsi? ... io e l’impegno non andiamo molto d’accordo. La mia prof di matematica dice che devo impegnarmi di più perché non ottengo i risultati che la mia testolina potrebbe ottenere e questo solo per l’impegno ... scarso. Che parola terribile...

- Sì. Sono decisamente d’accordo, ma non ti dirò su cosa se con la tua prof o sull’impressione che ti fa la parola scarso ... avremo tempo. Ma comunque, sì, occorre impegno. Il rispetto lo si deve a tutti, ma ad un amico o ad un’amica prima di ogni altro. Occorre rispettare la reciproca libertà, i sentimenti, occorre rispettare i segreti e le emozioni, occorre rispettare le scelte, ma anche il coraggio, occorre rispettare il coraggio, occorre rispettare il coraggio, il coraggio ...

- Ma quale coraggio?

- Il coraggio di dire “ho bisogno di te”.
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- Ma come si può? Dire ho bisogno significa umiliarsi...almeno per me.

- Per me è la più importante e vera dimostrazione di affetto, amicizia e fiducia.

- E se la risposta fosse solo il silenzio e l'indifferenza?

- Non posso rispondere a questa domanda. Ti prego. Non insistere.

- Sì. Rifletterò sulle tue parole. Grazie. Grazie ... mamma.

- Ora vai, torna nel futuro ... ti voglio bene.

- ...ok, vado

- Non preoccuparti ti insegnerò io a dire “ti voglio bene”, come qualcuno l’ha insegnato a me.