Se un maglione non entra più nel cassetto o fai ordine o lo metti in un
altro cassetto.
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Ma dove sono?
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In un altro ... armadio
Mi hai detto ACCODATI ed ho capito quanto valessi per te...
Driiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiin
Prima o poi l’avrebbe distrutta quella sveglia. Quella
orribile, panciuta, puntuale, assordante, orripilante sveglia mangia minuti. Possibile
che il tempo alle sette di mattina trascorresse più velocemente?! Soprattutto
quella mattina poi, aveva più sonno del solito e un gran mal di testa. Sentiva
le tempie pulsarle e gli occhi non volevano proprio saperne di guardare il
mondo. Eh sì, aveva esagerato alla festa del giorno prima, lo doveva ammettere,
ma ne era valsa la pena, non riusciva a ricordare quando era stata l'ultima volta che si era divertita così tanto.
Nonostante tutto avrebbe
dovuto ricordare di comprare un’altra sveglia, va bene la festa esagerata, ma
svegliarsi con quel chiasso le avrebbe rovinato tutta la giornata, se non la
settimana ... Avrebbe dovuto comprare una di quelle svegliette discrete che si
fanno a malapena sentire all’ ora concordata, solo con un tenue cinguettio,
dolce suono che l'avrebbe accompagnata con grazia fuori dalla sua calda cuccia
notturna. Si fece un promemoria, o per lo meno tentò di farsi un promemoria ... ma le palpebre si stavano facendo di nuovo pesanti, e ... e ...
nooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo
Quel giorno no! Doveva fare una marea di cose che
l’avrebbero tenuta occupata per l’intera mattinata.
Uffa!
Doveva alzarsi.
Colazione, bagno, e il ricordo della festa che pian piano
riaffiorava nella mente cercando di addolcire quel mal di testa martellante.
Ele e Taty, ... risate, ricordi, un porto sicuro, caldo, bello ridere insieme,
condividere i racconti di giorni solitari, nei quali non avevano potuto
incontrarsi, scambiarsi idee, ... costruire insieme momenti ... bello,
bellissimo!
Avrebbe affrontato la giornata con il cuore appagato,
sazio di momenti preziosi, che l' avrebbero cullata per un bel po’ e accompagnata in un lungo e noioso tour.
A quanto pare il mondo fuori non aveva fatto una piega,
la notte lo aveva lasciato indenne e il mattino lo aveva ritrovato come prima.
Il cielo era lì, la strada pure, i lampioni, le strisce pedonali, il semaforo,
la farmacia, i passi di chi ha fretta, i salti di chi è allegro, la camminata
misurata di chi è pigro o magari solo calmo, il dondolio del suo amico cane zoppo,
i fiori dei balconi, l’acqua della fontana, il vento di primavera (...c’è
sempre il vento nei miei racconti...lo faremo soffiare forte un giorno).
Insomma, tutto era al sicuro, niente l'avrebbe messa di fronte a scelte,
novità, cambiamenti, turbamenti ... non si sarebbe dovuta preoccupare. Sì, perché doveva riconoscere a se stessa, ma solo ogni
tanto, che non era proprio il tipo calmo e sicuro che tutti vedevano da fuori,
l’ansia di fronte all’ imprevisto diventava la sua cattiva consigliera, anche se
poi adattarsi era un attimo ... facciamo due, di attimi. D'altronde la vita l' aveva messa di fronte a mille difficoltà e aveva imparato presto ad adattarsi.
Era nata così, dire che si era sentita sempre a suo agio
era troppo, spesso per lei era stato un vero problema, soprattutto davanti ai
suoi simili ... gli altri. Gli altri che dopo qualche sguardo in più, una mezza
risatina nascosta tra i baffi, la lasciavano stare, in fondo non faceva
differenza per loro. Uno scherzo della natura, questo era, solo uno scherzo
della natura, un piccolo difetto di fabbrica a cui neanche faceva più caso. E
viveva così, tra un’autostima traballante e il rischio di qualche risatina in
più.
La mattina avanzava e il tempo correva.
Prima tappa: supermercato.
Quel sabato il supermercato era affollato, come tutti i
fine settimana. Doveva comprare una marea di cosette e sempre tutto di corsa.
Arrivò alla cassa con un carrello strapieno, aveva preso talmente tante
scatolette che quasi non riusciva a vedere dove andasse. Dopo una lunga, anzi
lunghissima fila finalmente era arrivato il suo turno, spinse il carrello
avanti e cominciò a depositare i suoi acquisti sul nastro quando si accorse ...
ma come non vederla prima? La sua amica Ele era alla cassa.
Ele era sempre stata dolce e disponibile, di scarse
manifestazioni d’affetto, ma sempre presente quando aveva avuto bisogno di lei.
Lavorava da qualche anno come cassiera in quel supermercato e da allora la sua
vita era serena e felice, dopo anni passati alla ricerca di un lavoro. Era un
po’ grassottella, lo era sempre stata, e il suo lavoro non l’aiutava di certo,
amava la buona tavola, mangiare in buona compagnia, divorava di tutto e a
tutte le ore.
Ele allungò la sua lunga proboscide e avvicinò gli acquisti della sua amica alla cassa. Era stranamente taciturna, forse era stanca, neanche la guardava, non l'aveva riconosciuta? eppure si erano viste la sera prima! Ma no
... magari era indaffarata o forse non voleva far vedere che dava troppa
confidenza ai clienti. L’assecondò. Anche se quel silenzio un pochino la faceva
pensare, si arrese alle circostanze, non riuscendo completamente a digerire la
sensazione di essere stata “non riconosciuta” di proposito. Pagò il conto e
cominciò a riempire le buste di scatolame vario. Proprio mentre si accingeva a
riempire la quarta busta, un lampo! o nooooooooooooo! aveva dimenticato il sapone!
Sarebbe dovuta tornare indietro a riprenderlo, ma soprattutto rientrare nel supermercato
e rifare la fila, perché ormai aveva oltrepassato la cassa. In un ultimo
estremo tentativo cercò di vincere quella inspiegabile indifferenza “Scusa Eli,
ma ho dimenticato di prendere una cosa, devo assolutamente rientrare e ...”. Fu
in quell’istante che la sua amica barrì un verbo, quel verbo che lei odiava da
sempre e che in quel momento ebbe il sapore di un insulto. “ACCODATI” disse l’enorme
pachiderma appollaiato dietro la cassa. E neanche aveva alzato lo sguardo! Non
voleva più riconoscerla? Impossibile, ora sembrava veramente impossibile!
Inspiegabile! Cosa era successo da ieri sera ad oggi? Alla festa Eli le aveva raccontato tante cose, segreti,
dubbi, problemi, le aveva chiesto consigli, le aveva parlato apertamente e
lei, sempre ad ascoltare, le aveva dato consigli col cuore in una mano e la
ragione nell’ altra, era così che ad Eli piaceva, uno sguardo fuori complice e
razionale allo stesso tempo.
Quella risposta era stata peggio di una doccia gelata.
Aveva sentito un forte sentimento di esclusione, patti non rispettati, parole
false, dubbi confermati...
Accodati...accodati...accodati la parola le martellava
il cervello facendo di nuovo posto al mal di testa appena dimenticato. In fondo
le chiedeva solo di aspettare un attimo e di non farle rifare quella
interminabile fila!
Eli aveva compreso il senso reale di quella risposta?
Sapeva quanto la scelta di quel verbo la ferisse? Non seppe rispondere a queste
domande. La sua amica l'aveva offesa colpendola dove faceva più male, incosciente
o no lo aveva fatto, facendola sentire una nullità. Prima con l'indifferenza poi con la scelta del verbo.
Rimase nel dubbio e senza il sapone. Prese le sue buste e
se ne andò.
Seconda tappa: Ufficio Postale.
Quella sveglia maledetta le aveva rovinato la giornata,
quel drin era stato presagio di cattivi incontri, lo sapeva, lo sapeva da tempo
che quella sveglia avrebbe dovuto gettarla via, annunciatrice di giornate
disastrose. Sveglia! E meno male che alcune volte si svegliava da sola! ...
quel drin, quella mattina, la stava svegliando proprio per bene.
Cercò di non pensarci, pronto per la prossima tappa della
giornata, così tornò al quel sabato strapieno come tutti i giorni di libertà,
nel quale si accumulavano pensieri e impegni.
Spinse la porta a vetri dell’Ufficio Postale ed ebbe subito
la certezza che avrebbe trascorso almeno una buona mezzora lì dentro, tra
scadenze, pagamenti, pacchi e pacchetti, moduli e francobolli ...
La sua speranza in verità era anche un’altra: proprio alla
posta lavorava Taty, amica di lunga data, forse con lei avrebbe potuto parlare
di Eli e di quello che poco fa era accaduto al supermercato. La fila, però, non
la faceva ben sperare, la sua amica non avrebbe potuto dedicarle molto tempo
in quell’ affollata mattinata.
Doveva riempire un semplice modulo per una richiesta,
roba da poco, ma aveva il numero 44 e lo sportello era sovrastato da un
lampeggiante e rosso 30! Si sedette pazientemente. Non voleva pensare ad Eli,
ma la sua testa non le diede altra scelta. Abbandonata, questa era la definizione
giusta. Si sentiva così, e poi...quella parola...i suoi amici sapevano che la
sua autostima viveva in bilico, era facile darle un colpettino e buttarla giù,
convincerla che non valeva niente e che era solo una fallita guardiana di zoo.
Fare la guardia era il suo mestiere, solo quello sapeva fare e aveva sempre
fatto, nonostante tutto e tutti, sfidando problemi e insicurezze. Ogni giorno
lottava con se stessa, cercando motivi che la convincessero che era brava nel
suo mestiere, che sapeva fare quello che faceva, che aveva scelto di fare,
mestiere per il quale aveva lottato e non poco.
44
Venne il suo turno. Recuperò il modulo compilato dalla
tasca, si diresse verso lo sportello e proprio in quel momento si accorse dell’errore
che aveva fatto...Aveva sbagliato modulo! Ma una! C’era, dico, una cosa sola
che gli potesse andare bene quella mattina?
Maledetta sveglia!
Taty la guardò interrogativo da dietro i suoi spessi
occhiali, non le rivolse la parola, neanche la salutò, la guardava e basta.
Stava succedendo di nuovo ... ma ... si era veramente alzata quella mattina o
stava sognando?
Incurante dell’ennesima strana reazione “Scusa Taty –
disse – ho sbagliato a riempire il modulo, ero distratta, posso averne un altro
e riempirlo velocemente?”.
Il mondo cominciò a girare, l’Ufficio Postale non
era più lo stesso, i numeri impazzirono in una girandola di colori e geometrie
varie, vedeva montagne di moduli volteggiare sulla sua testa, mentre una strana
indifferenza dominava le persone abbarbicate sulle panchine o in fila in attesa
del proprio turno.
Possibile che non vedevano quello che stava succedendo?
Taty, un' amica sincera, ma molto distratta; da sempre
aveva avuto problemi agli occhi, non ci vedeva molto bene ed era costretta ad
indossare occhiali dalle lenti molto spesse. I suoi occhi ti scrutavano a lungo
sgusciando furtivi e minuscoli da uno sguardo curioso, che ogni volta ti dava l’impressione
che Taty ti guardasse sempre come se non ti conoscesse. Viveva in un piccolo appartamento
ricavato in uno scantinato, era buio, ma i suoi occhi non avrebbero potuto
resistere a troppa luce, quindi, nella sfortuna, era stata fortunata. La cosa
che stupiva di più era che l’impressione del suo sguardo interrogativo e
confuso rispecchiasse poi quel suo carattere così spontaneo ma anche molto
distratto, dimenticava facilmente ed era perennemente in ritardo. Quindi,
quando lì, in quell’ ufficio sovraffollato di gente stufa e col pensiero
altrove, la nostra amica sentì di nuovo quella parola riempirle la testa, all'inizio pensò veramente che Taty non l'avesse riconosciuta, era possibile viste le sue condizioni, poi...quando alle sue continue richieste la risposta fu sempre la stessa, non voleva proprio
credere alle sue orecchie.
ACCODATI
Avrebbe voluto chiedere alla signora vestita di bianco
con le ali ripiegate su se stesse, se avesse sentito anche lei la parola di
quella cieca talpa con la faccia a due centimetri dal pc. Non lo fece. Non
chiese niente a nessuno, perché nessuno avrebbe mai potuto rispondere. Ognuno
pensava ai fatti propri, e in quel momento erano tutti concentrati a sbrigarsi, volevano uscire da lì.
Sola. Questa volta si sentiva sola. Ebbe il forte
desiderio di andare a cercare uno specchio, voleva esser certa di esistere, di
non essere trasparente. Il solito pizzicotto non avrebbe funzionato, non sarebbe bastato, neanche ci
provò.
Accodati ... accodati ... accodati
Non ce la poteva fare, sicurezze che si trasformavano in parole al vento, messa da parte, dimenticata, si doveva arrendere a chi non vedeva o non capiva.
Anni nei quali si era sentita data per scontata.
Decise che per quel giorno, avrebbe chiuso lì la sua
giornata di impegni. Il rischio che qualcun altro avrebbe potuto sbatterle in
faccia indifferenza e offesa era grande e non lo voleva correre.
Quella maledetta sveglia! La prima cosa che avrebbe fatto
sarebbe stato buttarla via, sì, doveva farlo, doveva impedire che altri le dicessero che era ora di svegliarsi e cominciare a svegliarsi da sola.
Trascorse tutta il giorno nascosta in una nuvola di folta
nebbia, galleggiando tra pensieri e domande senza risposta. Ormai non credeva
più in se stessa, l’offesa era stata lanciata, da chi? Da chi credeva un porto sicuro.
Chi aveva fatto finta di non conoscerla, chi, senza pensare o con consapevolezza, le aveva detto con indifferenza ACCODATI, a lei, un cane senza coda.