Stamattina ho mangiato
la nutella … ma sulle fette biscottate!
Il mio fisico non me lo
permette anche se ogni tanto ci vuole.
Questo blog nasce dalla voglia
di ritrovarmi; la vita spesso ci trascina dove vuole e neanche ce ne
accorgiamo, fino al punto in cui ci ritroviamo a vivere una fitta materialità,
una parte di realtà, che dobbiamo solo ordinare e organizzare, dimenticando, o lasciando
da qualche parte, un frammento di noi che gradualmente e debolmente si
assottiglia fino a diventare un ricordo, niente di più ... poi scivola via e si
perde chissà dove.
La vita annulla la vita e così
ti perdi. E così perdi.
Quello che leggete qui, se lo
fate, è ispirato tutto alla mia realtà, i lettori che mi conoscono bene lo
sanno, gli altri ci leggeranno, forse, un po’ di se stessi, ma quello che
scrivo passa tutto attraverso l’altra me, quella che vado recuperando. Oggi ho
intenzione di fare un’altra cosa: oggi scriverò di me, ma direttamente, senza
metafore, voglio farlo perché è venuto il momento anche di essere e perché …
ogni tanto mangio nutella.
Quando studiavo, adolescente
liceale che faceva il suo dovere di brava studentessa, sognavo che un giorno
avrei suonato in una grande orchestra e che avrei guidato una moto, oggi ho una
Panda rossa e faccio l’insegnante di lettere.
Dopo essermi seduta dietro
tante cattedre di tante scuole e aule diverse, finalmente mi sono ritrovata con
altri fortunati a fare un corso di formazione, al termine del mio anno di
prova, sì perché finalmente sono una docente di ruolo e non più precaria, sono
una prof a tutti gli effetti e non una di passaggio che nessuno ascolta perché
tanto si deve fare le ossa. Come ultimo atto di un lungo percorso passato
a ruotare intorno a cattedre di ogni tipo, corsi, corsetti, corse dietro a
treni, pullman che sfrecciano, parcheggi che non si trovano, oggi docente,
domani alunna, oggi docente, domani alunna … avevo bisogno di essere messa alla
prova, come una macchina, come un paio di scarpe, come un vestito, come...
Ancora una volta. Ancora una
prova.
Corso di formazione.
Formazione, bella parola. Vado lì e mi formo, mi formo perché m’informo,
informata e formata … prendo forma più che con la mia nutella saltuaria.
Sarò finalmente una
professoressa. Anzi scusate una Professoressa. Mi viene quasi da ridere. Ho
quarant’anni e mi formo, ho quarant’anni e mi mettono alla prova, ho
quarant’anni e sono contenta di tutto questo ... chiariamo: contenta perché è
un traguardo, magari un nuovo inizio.
Ho scritto anche una tesina,
una relazione e ho dovuto raccontare, tra le altre cose, il mio percorso fino
ad oggi. Come sono diventata una prof.
Quello che sto per scrivere
avrà il sapore di un ringraziamento, poco importa se non vorrete leggerlo, vi
ho informati così potrete chiudere qui, lettore avvisato lettore meno annoiato.
Cosa significa per me
insegnare?
Imparare, questo significa per
me insegnare, penso di averlo già scritto qui in qualche post. La prima qualità
che deve avere un prof è certamente l’umiltà, che in realtà, non guasta mai in
nessuno, ma in chi insegna è fondamentale per poter sempre essere disposti ad
imparare. Questo ho scritto nella mia relazione: chi insegna deve essere
disposto ad imparare e a mettersi continuamente in discussione; i docenti che
non fanno questo non sono bravi docenti, lo scrivo e mi prendo tutte le
responsabilità di ciò che dico. Finora sono stata sempre l’ultima arrivata in
ogni scuola, o comunque tra gli ultimi, quando si è precari è sempre così, in alcune scuole è anche meglio non parlare e
farsi trasparente, , tanto nessuno ti ascolterebbe, sei precaria, passi e vai
via, ma di prof ne ho osservati molti e ho capito, anche se un po’ lo
sospettavo, quale prof avrei voluto essere.
Entrare in classe, questo è
stato il mio corso di formazione.
Ascoltare colleghi esperti e
disposti a trasmettere ed ascoltarmi, questo è stato il mio corso di
formazione.
Ascoltare ogni singolo alunno e leggere ogni singolo suo testo,
questo è stato il mio corso di formazione.
Ero una prof noiosissima, mi
annoiavo da sola, non che stia dicendo che ora non lo sia, lascio ai miei studenti
il giudizio, ma dopo le prime esperienze ho deciso che avrei fatto di tutto per
non essere come molti dei miei prof, quelli che mi avevano fatto addormentare
sui banchi e che mi avevano fatto capire che a scuola ci si doveva venire perché
era un obbligo studiare, perché dovevo fare quello e basta, un mio dovere di
bambina, poi di adolescente. Dovevo quindi liberarmi dalla noia e riuscire a
trovare un modo per trasformare il dovere in piacere dello stare in classe, in
piacere di condividere, in piacere di imparare.
Questo il mio esordio, inizio
noioso ma segnato da un impegno niente male: convincere i miei alunni che la
scuola non è una galera.
Cara vicepreside, dico a te,
sì, la mia attuale vicepreside, credo che la tua dedizione alla scuola non sia
eguagliata da nessun altro docente o vicepreside o preside in nessuna scuola d’
Italia. Da te ho imparato cosa sia realmente la scuola, scuola intesa come
istituzione, i suoi meccanismi cervellotici, la sua burocrazia, spesso pesante,
ho imparato a gestire i rapporti nella scuola, con la scuola, con il fuori dalla
scuola. Beh! ringrazia chi ha più esperienza, facile! Siete sicuri? Sapete quanta gente c’è nel mondo della scuola che si fa i fatti propri?
Chi fa finta di non sapere, chi rimanda, chi ti manda da altri, chi non ha
voglia di rispondere, chi non sa, chi ti tratta da matricola che
scoccia...troppo polemica? Provate voi! In fondo chi obbliga i docenti sicuri
ad aiutare quelli di passaggio? Nessuno. Grazie Geppina. Per questo e per molto
altro, non credo che tutti possano vantare una vicepreside che dice ti voglio
bene al posto di un buongiorno ... anche quando mi chiamerai al telefono ed esordirai dicendo Ho 100 minuti di
chiamate gratis quindi ti ho chiamato. Risponderò sempre.
Vediamo un po’ ... sì, passiamo
alle capre. No, non sono i miei studenti, poverini, non mi sognerei mai di
chiamarli capre. Purtroppo il mio professore di storia dell’arte del liceo ci
chiamava proprio così Capre! Bella
sensazione. E per tutta risposta studiavamo arte in modo superficiale, tra una
leccata di sale e l’altra, fino a che sono diventata una vera capra in storia
dell’arte. Ora, ne sono sempre stata cosciente, ma quando trovi colleghe
mostruosamente brave e per di più di arte ... non ti resta che belare. E sì,
Ale, tocca a te. Proprio oggi abbiamo visto insieme ai ragazzi il prodotto
finale del nostro ultimo progetto ... cara ragazza mi hai fatto piangere. Il
discorso sulle capre era tanto per dire, sai che mi piace giocare con le
parole, volevo dirti che è un piacere lavorare con te, siamo sulla stessa
lunghezza d’onda e spesso sarebbe meglio non incontrarsi, ad ogni cambio di
ora, ricreazione, collegio, consiglio ... corriamo sempre il rischio di rivoluzionare
la nostra programmazione, ogni volta idee, progetti, follie nuove, anche se a
noi non spaventa nulla, anzi più ne combiniamo e meglio è. Le mie pazze idee
saranno sempre a tua disposizione, fanne ciò che vuoi. Mi raccomando di non
smarrire mai la cosa più preziosa che hai: la tenerezza, il mondo ha
dimenticato questo elegante sentimento, scambiando la sua semplicità e
spontaneità per banalità o debolezza. A me però è venuta voglia di studiare
storia dell’arte.
È ormai chiaro che sto parlando
di persone che mi hanno insegnato qualcosa ... non se ne vogliano gli assenti,
che peraltro mai leggeranno.
Il sorriso. Ci sono tre amici e colleghi che rallegrano le mie giornate a scuola: Bart, Fabflute ed Ale. Di
sorrisi ce n’è sempre bisogno, ma nel luogo in cui lavori ancora di più; definire
queste tre persone pazze, nel senso buono del termine, è dire poco, certamente
sono ottimi docenti, ma ridere con voi significa dimenticare che ti sei appena
arrabbiato col mondo e io quello mi aspetto ogni volta che stiamo insieme.
Occhio però che d’ora in avanti ai collegi mi siederò sempre dietro, così per
un po’ sarò io a farvi gli scherzi...ops, forse non dovevo dirlo, ma tanto chi
vuoi che legga?
Ci sono due persone particolari
che vorrei ricordare, due amiche che conobbi facendo il corso biennale per
prendere l’abilitazione, un corso dei tanti fatti. Quel periodo non è stato un
granché, tornare a studiare e per due lunghi anni fu molto impegnativo. L’unica
cosa che diede valore a quegli anni fu la conoscenza di persone speciali, due in
particolare, anche loro prof ma soprattutto amiche. Cosa c’è di loro nel mio
essere prof? Da Vale ho imparato il piacere del racconto, il gusto di ascoltare
e quello di narrare, tanta esperienza, tanta cultura, ma soprattutto il saper
dipingere con le parole una storia. Insegnare a raccontare mi affascina sempre,
mi diverte, sperimentando tanti modi diversi di narrare ... e spesso mi ritrovo
a pensare a Vale e alla nostra passione in comune per Calvino. Devo a Vale e Miri
anche una cosa importante: la mia autostima. Spesso la perdo, non credo di
meritare tanto, ma loro due mi hanno fatto sempre sentire una prof che fa bene
il suo mestiere. A Miri dico grazie perché di fronte ad ogni problema siamo
riuscite sempre a sdrammatizzare, abbiamo condiviso il nostro senso pratico e
così ogni consiglio è stato sempre efficace.
Da prof come potrei non
ringraziare tutti i miei studenti?
Ringrazio quelli che mi hanno
fatto sudare, arrabbiare, gridare, quelli che mi hanno ascoltato, confidato i
loro segreti, creduto e avuto fiducia in me, quelli che amano studiar e quelli
che odiano la scuola, quelli che usano i congiuntivi e quelli che hanno la
congiuntivite, quelli bravi che magari ho spesso trascurato, quelli meno bravi
ai quali ho dedicato più tempo, quelli ai quali sto antipatica, quelli che mi
scrivono i fogliettini, quelli che ridono con me e quelli che ridono di me, chi
dimentica sempre il quaderno, chi ha riso quando ho detto facciamo un brainstorming, gli studenti che si sono commossi ad una
mia lezione, quelli invece che avrebbero voluto essere altrove, le lacrime di
gioia, quelle di rabbia, lo sguardo attento o gli occhi assonnati, la penna
finita, il diario senza compiti, la firma di mamma, il voto di storia, prof mi dai sette? prof diglielo tu!
prof che ore sono? prof
... ma ci siamo dimenticati di fare ricreazione!!!
Bello
... quando capita che ci dimentichiamo di fare ricreazione è bellissimo.
Eravamo tanto presi dal lavoro che ci siamo dimenticati. Quando capita capisci
che quel giorno era il giorno, l’ora, l’argomento, le parole, l’atmosfera ...
tutto giusto. E non mi chiedete ancora perché mi piace il mio lavoro.
Serendipità
... lasciamo che ogni conoscenza diventi una scoperta...questo ho scritto nella
mia relazione.
A
questo punto dovrei ringraziare ancora una persona, ma credo proprio che ne
farò a meno. Questa persona mi ha aiutato più di chiunque altro a scoprire
quale tipo di insegnante volessi essere, lei dice che ce l’avevo dentro e
dovevo solo tirar fuori quello che già ero, io sono convinta che ogni incontro
o evento possa diventare la chiave giusta, se questo non accadesse potremmo
restare per tutta la vita senza scoprire molte cose di noi.
Questa
persona è una prof, una grande prof, ma non posso parlare di lei perché non ne
sarebbe contenta, anzi rischierei di brutto nominandola, anzi se dovesse
leggere mi direbbe che sono ridicola, soprattutto non penso abbia piacere nel
leggere queste parole di stima, che mi chiedo se mai ricambierà, forse un
giorno ...
Chi
lo sa ... spesso non vediamo cose non vogliamo vedere e la vita ci confonde, ci
offende, ci accusa, e mentre girano un altro film tu ti trovi a passare da
comparsa davanti alla macchina da presa ...
Tante
persone penso di aver dimenticato, molte volutamente scorderei, ma per ora
credo di aver reso l’idea di come per un prof sia veramente difficile diventare
un vero prof.
Voglio
pensare a questo traguardo come ad un nuovo inizio. Il 22 farò l’ennesimo esame
e una parte della mia vita si concluderà, vorrei condividere quel giorno con
tutti questi miei amici, molti ci saranno, molti non potranno esserci, anche se
qualcuno non vorrà esserci e sarà quello che più mi mancherà ... lo porterò lo
stesso con me.
Ciao
Simona