Se i ritratti
dei nostri amici assenti ci sono graditi, perché rinnovano il ricordo e
alleviano la nostalgia con un falso ed effimero conforto, tanto più ci è
gradita una lettera, che porta le vere tracce, i veri segni dell'amico assente.
Lucio Anneo Seneca, Lettere a Lucilio, 62/65
Un foglio bianco, una
penna, tanti pensieri da dire, rumorosi e confusi come una piazza in festa, ma
senza festa.
Decidi per la verità e
il fiume in piena invaderà quel lago senza argini, insieme ad emissari della
primavera, parole come venute da lontano, dal profondo si poseranno su rive
assolate in cerca di ombra.
Un abbraccio nascosto
attorno al desiderio di consolare e di essere consolata, troppo vigliacco per
il muro crivellato dall’orgoglio, varchi di speranza a spiare gli strappi delle
smorfie di egoismo. Un abbraccio, spontaneità, braccia tese a reggere un
lenzuolo di quiete.
Tante domande, poche
risposte. Una fila di perché, ognuna con il suo numero attende il suo turno;
una lunga catena distesa fin lì giù, lì
dove le due strade s’incrociano … dove il senso è vietato, parole senza senso?
senso inverso, non ne capisco il senso … lì giù, lì dove cresce un semaforo spettatore
dell’andirivieni di un sole che non si muove. Qualcuno mi è passato avanti, no
aspetta! toccava a me! Si ricomincia, sono in fondo, di nuovo.
Impotenza. Parola
forte senza forza. Se ne va via sbattendo la porta l’energia di difendersi, di
dire tenerezza, di chiedere tempo. La decisione paralizza il verbo, tutto è
stato compiuto, tutto è pronto da mesi e niente puoi più dire o fare. Niente
perché tu sei stupida, finalmente certificata.
Stupore che ti assale.
Quando non credevi di essere impotente, quando non pensavi di essere debole,
quando il mondo diventa una giungla piena e tu non puoi uscire dalla gabbia del
silenzio. Stupore quando i tuoi sensi diventano inutili, le parole non hanno
suono e il tuo voler bene si trasforma in una misera busta di plastica. Stupore
… quando la consapevolezza di essere niente ti morde e tra i denti mastica la
tua autostima … stupore di fronte all’odio manifesto
Perdono.
Dolore.
Rabbia.
Futuro …
Striscia di cuoio. Ti terrò sempre accanto al tempo
che passa. Sì, e non me ne importa niente del resto.
Nessun dio, ho creduto di vedere braccia tese,
sollevare, unico presagio di morte e niente di più. Tempi difficili devono
venire, disse questo tra le nebbie di un’inconsapevole mente di peccatrice, ma
anche non. Nessuna promessa è stata mantenuta, né da braccia tese, né da parole
illusorie, nessuno mantiene le promesse, uomini o dei, nessuno varca l’impegno
di una parola detta così per dire, di braccia tese così per fare. Nessun dio.
Privilegio, il mio errore. Sentire il privilegio di
parole confidate, di affetti concessi, ma non sentirsi un privilegio.
Bellezza, il senso del relativo. Bello è ciò che
viene condiviso, correre a casa, precipitarsi al telefono, e dire. Così ogni
cosa diventa bella altrimenti è destinata a vivere, solo per te, nella sua
inutilità.
Io. Non sono un privilegio, non ho cose belle, no
ho nessun dio, paralizzata da stupore e impotenza riordino i miei pensieri, ma
qualcuno mi ruba il posto nella fila e … non ho voglia di ricominciare da capo, non ho voglia senza un abbraccio che mi sostenga.
Ho scritto una lettera su un foglio bianco … ora è
nero e pesante come un cielo minaccioso.
Ho scritto una lettera, ma mai nessuno la leggerà.
La solitudine è
il più straordinario mezzo per entrare in intimità con noi stessi. E,
paradossalmente, la solitudine è anche il miglior mezzo per imparare a
comunicare. Solo conoscendomi, cioè conoscendo la mia interiorità, posso
parlare all'interiorità dell'altro.
"Cara Mathilda. Lettere a un'amica" di Susanna Tamaro