domenica 14 settembre 2014

un abbraccio


Lascio pezzi di casa ovunque.
O lasciano me?
F. to chi sa consigliare ma non sa consigliarsi...ipoudente

Torno a scrivere, solo questo posso fare, oggi più che mai. 

Il tempo fugge via velocemente, il tempo ci strappa via gli affetti, lo so, restano nel nostro cuore, ma chi muore va via e basta. Il tempo non ci permette di dire ti voglio bene, ti perdono, mi manchi, ... perché? Solo perché pensiamo di avere tempo. 
Inganno.

Il tempo mi ha strappato il mio papà in pochi mesi, e ho deciso che mi impegnerò a vincere sul tempo.



Stamattina avrei tanto voluto un abbraccio, ma non c'è stato. Io non potevo tendere le braccia perché mi è stato vietato e perché mi servono entrambe e non avrei sopportato che mi venissero tagliate.

Un nodo in gola.


Sono stata contenta ... anch'io avevo paura amica mia e ne ho tuttora.
Credo che una buona dose di coraggio mi aiuterebbe a vivere meglio, ma non ne ho più, anche scrivere queste due parole al vento è segno di grande viltà ... 
io sono qui e ti terrò sempre accanto al tempo che passa. 
Ti voglio bene.

Torno a scrivere, solo questo mi è rimasto, stanca di tutto e di tutti. 

venerdì 12 settembre 2014

Volevo capire, ma c’era vento*


Ho pena delle stelle
che brillano da tanto tempo,
da tanto tempo...
Ho pena delle stelle.
Non ci sarà una stanchezza
delle cose,
di tutte le cose,
come delle gambe o di un braccio?
Una stanchezza di esistere,
di essere,
solo di essere,
l'essere triste lume o un sorriso...
Non ci sarà dunque,
per le cose che sono,
non la morte, bensì
un'altra specie di fine,
o una grande ragione:
qualcosa così, come un perdono?

Fernando Pessoa, Ho pena delle stelle




Questa è la parte dell’anno che preferisco.
Preferivo.
Quando ero bambina mi piaceva quest’aria fresca, questi tramonti che si sbrigavano a venire e tante cose da fare perché finalmente si tornava a scuola. Una cartolibreria e uscivo fuori di testa. Quaderni, penne, album, colori e il famoso diario da scegliere tra pochi … ai miei tempi non è che ci fosse tanta scelta e il costo di quei “giorni da programmare” pesava più delle pretese, ben poche, di una ragazzina. In fondo il bello era ricominciare. Grembiule e quel fiocco blu inamidato che intenta all’opera mi ciucciavo continuamente, quel fiocco che tempo di arrivare a scuola si sarebbe sciolto lasciando due lunghe strisce su un grembiule immacolato fino all’arrivo della maestra. Una carezza e il fiocco tornava a risplendere sotto un mento cicciottello. È stato sempre così, ogni anno, in ogni scuola, ovviamente dopo ho tolto il grembiule. Ricordo le corse del primo giorno di scuola per accaparrarsi il banco … non è che me la cavassi molto bene nella corsa, ma quel poco di velocità e il cognome a metà elenco mi hanno sempre assicurato almeno una seconda fila.
Anche ora che sono una prof continuano a piacermi questi giorni.
No … mi piacevano.






I miei pensieri e i tuoi
si sono stretti la mano
in due si pensa meglio
e si va più lontano.
G. Rodari




Era proprio come ... come suonare un lungo fraseggio: un lungo fiato ben distribuito per poterlo vivere a pieno, un diaframma gonfio e ben allenato, capace di sostenere qualsiasi suono, un’emozione bellissima, tante cose da fare, da dire, talmente tante che il tempo sembrava finire solo nel pensiero, tante idee che trovavano compimento, domande risposte, problemi soluzioni senza sapere che strada avessero fatto.

... fiato sospeso, siamo pronti, via!

Insegnare è uno dei mestieri più belli del mondo, forse ce lo avevo scritto nel dna, mi piace far scoprire e mi piace scoprire.

Manca qualcosa.

Mi sento come se mi mancasse metà cervello e metà cuore e non riesco ad arrivare a un pensiero compiuto come a un sentimento vero.

Faccio fatica a pensare, perché mi manca quell’angolo di tempo dove avrei potuto inserire quella frase … “proprio come pensare insieme”.

Sì, ho pena delle stelle, sentire la stanchezza del pensiero, del  fare a metà, vivere il peso delle assenze, dell’inutilità e dell’odio che schiaccia e toglie le forze.

Soffocata dal tormento di un attimo di tempo.

Impaurita da parole che cancellano la serenità.



Non ci sarà dunque,
per le cose che sono,
non la morte, bensì
un'altra specie di fine,
o una grande ragione:
qualcosa così, come un perdono?



*Il titolo del post è stato preso dal web ma non so di chi sia la frase 

martedì 2 settembre 2014

Una lettera


Se i ritratti dei nostri amici assenti ci sono graditi, perché rinnovano il ricordo e alleviano la nostalgia con un falso ed effimero conforto, tanto più ci è gradita una lettera, che porta le vere tracce, i veri segni dell'amico assente.

Lucio Anneo Seneca, Lettere a Lucilio, 62/65


Un foglio bianco, una penna, tanti pensieri da dire, rumorosi e confusi come una piazza in festa, ma senza festa.

Decidi per la verità e il fiume in piena invaderà quel lago senza argini, insieme ad emissari della primavera, parole come venute da lontano, dal profondo si poseranno su rive assolate in cerca di ombra.


Un abbraccio nascosto attorno al desiderio di consolare e di essere consolata, troppo vigliacco per il muro crivellato dall’orgoglio, varchi di speranza a spiare gli strappi delle smorfie di egoismo. Un abbraccio, spontaneità, braccia tese a reggere un lenzuolo di quiete.

Tante domande, poche risposte. Una fila di perché, ognuna con il suo numero attende il suo turno; una lunga catena distesa  fin lì giù, lì dove le due strade s’incrociano … dove il senso è vietato, parole senza senso? senso inverso, non ne capisco il senso … lì giù, lì dove cresce un semaforo spettatore dell’andirivieni di un sole che non si muove. Qualcuno mi è passato avanti, no aspetta! toccava a me! Si ricomincia, sono in fondo, di nuovo.

Impotenza. Parola forte senza forza. Se ne va via sbattendo la porta l’energia di difendersi, di dire tenerezza, di chiedere tempo. La decisione paralizza il verbo, tutto è stato compiuto, tutto è pronto da mesi e niente puoi più dire o fare. Niente perché tu sei stupida, finalmente certificata.

Stupore che ti assale. Quando non credevi di essere impotente, quando non pensavi di essere debole, quando il mondo diventa una giungla piena e tu non puoi uscire dalla gabbia del silenzio. Stupore quando i tuoi sensi diventano inutili, le parole non hanno suono e il tuo voler bene si trasforma in una misera busta di plastica. Stupore … quando la consapevolezza di essere niente ti morde e tra i denti mastica la tua autostima … stupore di fronte all’odio manifesto

Perdono.

Dolore.

Rabbia.

Futuro …

Striscia di cuoio. Ti terrò sempre accanto al tempo che passa. Sì, e non me ne importa niente del resto.

Nessun dio, ho creduto di vedere braccia tese, sollevare, unico presagio di morte e niente di più. Tempi difficili devono venire, disse questo tra le nebbie di un’inconsapevole mente di peccatrice, ma anche non. Nessuna promessa è stata mantenuta, né da braccia tese, né da parole illusorie, nessuno mantiene le promesse, uomini o dei, nessuno varca l’impegno di una parola detta così per dire, di braccia tese così per fare. Nessun dio.

Privilegio, il mio errore. Sentire il privilegio di parole confidate, di affetti concessi, ma non sentirsi un privilegio.

Bellezza, il senso del relativo. Bello è ciò che viene condiviso, correre a casa, precipitarsi al telefono, e dire. Così ogni cosa diventa bella altrimenti è destinata a vivere, solo per te, nella sua inutilità.

Io. Non sono un privilegio, non ho cose belle, no ho nessun dio, paralizzata da stupore e impotenza riordino i miei pensieri, ma qualcuno mi ruba il posto nella fila e … non ho voglia di ricominciare da capo, non ho voglia senza un abbraccio che mi sostenga.

Ho scritto una lettera su un foglio bianco … ora è nero e pesante come un cielo minaccioso.

Ho scritto una lettera, ma mai nessuno la leggerà.



La solitudine è il più straordinario mezzo per entrare in intimità con noi stessi. E, paradossalmente, la solitudine è anche il miglior mezzo per imparare a comunicare. Solo conoscendomi, cioè conoscendo la mia interiorità, posso parlare all'interiorità dell'altro.

"Cara Mathilda. Lettere a un'amica" di Susanna Tamaro