venerdì 12 settembre 2014

Volevo capire, ma c’era vento*


Ho pena delle stelle
che brillano da tanto tempo,
da tanto tempo...
Ho pena delle stelle.
Non ci sarà una stanchezza
delle cose,
di tutte le cose,
come delle gambe o di un braccio?
Una stanchezza di esistere,
di essere,
solo di essere,
l'essere triste lume o un sorriso...
Non ci sarà dunque,
per le cose che sono,
non la morte, bensì
un'altra specie di fine,
o una grande ragione:
qualcosa così, come un perdono?

Fernando Pessoa, Ho pena delle stelle




Questa è la parte dell’anno che preferisco.
Preferivo.
Quando ero bambina mi piaceva quest’aria fresca, questi tramonti che si sbrigavano a venire e tante cose da fare perché finalmente si tornava a scuola. Una cartolibreria e uscivo fuori di testa. Quaderni, penne, album, colori e il famoso diario da scegliere tra pochi … ai miei tempi non è che ci fosse tanta scelta e il costo di quei “giorni da programmare” pesava più delle pretese, ben poche, di una ragazzina. In fondo il bello era ricominciare. Grembiule e quel fiocco blu inamidato che intenta all’opera mi ciucciavo continuamente, quel fiocco che tempo di arrivare a scuola si sarebbe sciolto lasciando due lunghe strisce su un grembiule immacolato fino all’arrivo della maestra. Una carezza e il fiocco tornava a risplendere sotto un mento cicciottello. È stato sempre così, ogni anno, in ogni scuola, ovviamente dopo ho tolto il grembiule. Ricordo le corse del primo giorno di scuola per accaparrarsi il banco … non è che me la cavassi molto bene nella corsa, ma quel poco di velocità e il cognome a metà elenco mi hanno sempre assicurato almeno una seconda fila.
Anche ora che sono una prof continuano a piacermi questi giorni.
No … mi piacevano.






I miei pensieri e i tuoi
si sono stretti la mano
in due si pensa meglio
e si va più lontano.
G. Rodari




Era proprio come ... come suonare un lungo fraseggio: un lungo fiato ben distribuito per poterlo vivere a pieno, un diaframma gonfio e ben allenato, capace di sostenere qualsiasi suono, un’emozione bellissima, tante cose da fare, da dire, talmente tante che il tempo sembrava finire solo nel pensiero, tante idee che trovavano compimento, domande risposte, problemi soluzioni senza sapere che strada avessero fatto.

... fiato sospeso, siamo pronti, via!

Insegnare è uno dei mestieri più belli del mondo, forse ce lo avevo scritto nel dna, mi piace far scoprire e mi piace scoprire.

Manca qualcosa.

Mi sento come se mi mancasse metà cervello e metà cuore e non riesco ad arrivare a un pensiero compiuto come a un sentimento vero.

Faccio fatica a pensare, perché mi manca quell’angolo di tempo dove avrei potuto inserire quella frase … “proprio come pensare insieme”.

Sì, ho pena delle stelle, sentire la stanchezza del pensiero, del  fare a metà, vivere il peso delle assenze, dell’inutilità e dell’odio che schiaccia e toglie le forze.

Soffocata dal tormento di un attimo di tempo.

Impaurita da parole che cancellano la serenità.



Non ci sarà dunque,
per le cose che sono,
non la morte, bensì
un'altra specie di fine,
o una grande ragione:
qualcosa così, come un perdono?



*Il titolo del post è stato preso dal web ma non so di chi sia la frase 

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