Perché ho
scelto di insegnare?
Perché ho
sempre voglia di imparare.
Certamente oggi è stata una lunga giornata. Quando le giornate diventano
lunghe significa che la speranza che arrivi presto la sera, la notte, cresce
sempre di più, ogni minuto che passa. Perché scrivere? Perché oggi ho letto
troppo, letto di tutto, ascoltato di peggio, pensato di più. Non è che
generalmente non pensi, ma essere costretta a riflessioni che non vorresti
fare, a pensieri che non vorresti avere, a sguardi che non vorresti
incrociare...seppur solo nei ricordi, non è sempre facile, non è sempre “volontario”
o salutare.
Tanti gli “attori” della giornata. Tanti i piedi a far
rumore su un palcoscenico affollato e rumoroso. Tanti copioni e ...altrettanti
ricopioni, lanciatori di link, smanettatori maniaci di post altrui che la mano
lancia lontano magari senza leggere o controllare e spesso senza commentare.
La parola del giorno è VIOLENZA. Si, l’ho urlata, ok?
VIOLENZA!
A me la violenza non piace, mi spaventa, mi toglie il
fiato e qualsiasi capacità logica di reazione. Ho conosciuto la
violenza...quella verbale, quella violenza che fa rima con minaccia. Questo è
bastato a togliermi la parola, ma non certo il disprezzo e l’odio contro la
violenza, anzi ne ha aumentato il disgusto.
Io odio la violenza ... non dovevo dirlo? Odio è
violenza? No, l’odio è un sentimento, un brutto sentimento che ti consuma
dentro, fine a se stesso, anzi che ha fine in te stesso, ci fa male, ci corrode
ma non porta a niente se non a consumarci, purtroppo quando c’è è anche
difficile cancellarlo, gli animi e le persone non hanno tutte la stessa forza.
Quando l’odio si trasforma in violenza esce fuori da te. Da me non è mai uscito
l’odio, nel senso che non si è mai trasformato in violenza, mi ha consumato e
basta, ho avuto spesso parole di rabbia o rancore, ma, penso, completamente
giustificate, mentre chi ne ha avute per me non era giustificato e mi ha
fortemente deluso. Ma questa è un’altra storia.
Oggi, 28 aprile, l’odio il rancore la rabbia i problemi la vita di una
persona si sono trasformati in violenza.
Un uomo ha sparato a due altri uomini perché “non ce l’aveva
con loro” semplicemente ce l’aveva con chi loro rappresentano. Quest’uomo è
stato chiamato folle, poi è stato chiamato disperato ... e certamente la
differenza tra le due definizioni è enorme. Ora “da folle è folle e quindi va
fermato e punito per questo, da
disperato va compreso e quindi magari anche aiutato” così dicono i più.
Comprendiamo?
So che il mio Bel Paese non si trova certamente in buone
condizioni, sarebbe da stupidi ed irresponsabili dire che non è così, dire che non
ci sono persone che hanno problemi di vario tipo, che la sfiducia nelle
Istituzioni, nella giustizia, in chi ci rappresenta o dovrebbe farlo sia un
sentimento molto diffuso.
Ma non per questo si può giustificare e neanche
comprendere la violenza. No, non si può.
Dobbiamo essere disposti a ragionarci su, riflettere su
cosa può accadere in una situazione difficile, quando una persona disperata non
ce la fa più, tanto che la sua disperazione potrebbe portarlo a gesti estremi, possiamo
e dobbiamo aiutare chi è in difficoltà, chiedere a chi deve aiutare di farlo,
aiutarci magari l’un l’altro, ma crederci ... ricordiamo la costituzione?
« La Repubblica
riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia
nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede
l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e
sociale. »
art. 2
si parla di solidarietà vero? ah mi era sembrato, io credo nella costituzione, tutti dovremmo farlo, ma mai
e poi mai possiamo arrivare a dire che la disperazione giustifica la violenza o
peggio inneggiare al gesto di violenza, perché tale resta in ogni caso.
Io ho letto la nostra Costituzione, io la insegno e la
faccio studiare e non sono un avvocato o un docente di giurisprudenza. Sono
solo una semplice insegnante di lettere in una scuola media (chiamiamola così
che è più diretto),anche se ancor prima di essere un’insegnante sarei una
persona, e poi anche una cittadina italiana.
Insegno ai miei alunni che la violenza non è mai la
soluzione, che il dialogo è la sola strada della comprensione e della
solidarietà, che bisogna che ci aiutiamo gli uni con gli altri.
Insegno loro che se io sto dietro una cattedra sto lì per
parlare ma anche per ascoltare, l’aula è il luogo del dialogo e così deve
essere la società. Insegno loro che non bisogna urlare, che tutti possiamo
parlare se lo facciamo in modo composto, insegno a chiedere scusa, a parlare
apertamente, ad esprimere le loro opinioni, cerco di insegnare loro ad avere loro
idee ... insomma le parole riempiono la mia classe.
Ora vi chiedo: è così difficile? Non mi venite a dire che
la scuola è diventata altro dalla società, o che la scuola è lontana dalla società. I realtà è la
società che si sta allontanando dalla scuola e chiede a me di rimediare, a me come agli altri docenti. Cosa
dovrei fare io? Insegnare ad urlare? Insegnare che la violenza è giustificata se
una persona perde il lavoro o rimane solo? Così andrebbe meglio? Cosa devo insegnare?
Che i carabinieri o la polizia non ci difendono ma difendono solo chi non ci
governa come vorremmo? Devo insegnare che strillare per farsi sentire o
accusare o scaricare colpe è legittimo? Questo è quello che ho visto e sentito
e letto oggi ... e sono inorridita.
Io chiedo scusa ai miei alunni quando sbaglio o li
interrompo mentre parlano o leggono, spiego loro le regole invece di ordinare,
non impongo il mio modo di pensare, chiedo la loro opinione anche per
distribuire le ore durante la settimana o dare compiti, non strillo mai con
loro. Ma soprattutto insegno cosa significa: responsabilità, dovere,
solidarietà, rispetto, emozione, sentimento.
Ora vi chiedo: è così difficile? Sì, per me diventa
sempre più difficile, se poi fuori, fuori nel mondo che loro, i miei
alunni, abitano e si preparano a vivere con maggior consapevolezza, autonomia e
maturità, c'è chi inneggia alla violenza.
Sbaglio io a voler insegnare tutte queste belle cose?
Sono un’illusa? Ingenua?
A cosa serve la violenza? A NIENTE
Vogliamo dare il buon esempio e cancellare la violenza
dalle nostre parole? Cancellarla dai toni, dai contenuti, dalle accuse reciproche,
dalle strumentalizzazioni, dalle bocche di chi strilla e non si accorge di
sputare proclami e di avere invece una grande responsabilità? La responsabilità
dell’esempio.
Perché scrivere? Oggi ho voluto scrivere perché non mi
piace la violenza, degli atti come delle parole. Le parole di violenza istigano
e fomentano, si tramutano in altra violenza. Oggi ho voluto scrivere perché di
fronte ad un atto di violenza, perché questo è stato, molti hanno giustificato,
inneggiato, fomentato. E questo è peggio della violenza e io non ci sto,
sebbene viva in un Paese e ne riconosca, purtroppo, le difficoltà. Io non ci
sto, perché ognuno è libero di dire ciò che vuole, ma tutti dovrebbero sempre
tenere a mente che le parole hanno un enorme valore, hanno conseguenze, restano
nelle menti, colpiscono, ed è per questo che io vorrei maggiore responsabilità
in chi usa le parole, libertà sì, ma anche responsabilità.
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