[...] Risalgo qui dove dianzi
vestiva il bell'abito grigio:
rivedo l'uncino, i romanzi
ed ogni sottile vestigio...
Mi piego al balcone. Abbandono
la gota sopra la ringhiera.
E non sono triste. Non sono
più triste. Ritorna stasera.
E intorno declina l'estate.
E sopra un geranio vermiglio,
fremendo le ali caudate
si libra un enorme Papilio ...
L'azzurro infinito del giorno
è come una seta ben tesa;
ma sulla serena distesa
la luna già pensa al ritorno.
Lo stagno risplende. Si tace
la rana. Ma guizza un bagliore
d'acceso smeraldo, di brace
azzurra: il martin pescatore...
E non sono triste. [...]
da L' assenza di Guido Gozzano
Un profondo respiro, uno sguardo intorno, nulla che parli,
che ascolti, che si muova.
Vivere l'assenza, vivere di assenza, vivere senza.
Eccolo.
Lì. Si nasconde ma lo vedo. C'è tanta neve intorno, fa freddo, mi stringo
addosso al mio corpo, un abbraccio disperato. Lì. Vedo qualcosa muoversi
furtivo tra il bianco candido e incontaminato, caduto giù per dispetto da un
cielo capriccioso, che non tiene il conto dei giorni, giorni che corrono via,
troppo veloci ...
Lo
vedo.
Occhi
scuri di noce, capelli arruffati, fiato corto di chi si è fatto spazio a
gomitate per essere assente.
Il
suo volto è inconfondibile, maschera di giorni, ore, attimi, momenti aggrediti
da rovi spinosi dove un tempo crescevano rose selvatiche. Il suo volto è
davanti a me ora. Mi guarda. Mi osserva. Mi conosce e sa dove colpire.
Si
muove lentamente, non ha impegni, la fretta non è per lui. Si mostra, mostro
dal volto dai tanti volti, cammina lentamente lasciando impronte di sé a tratti
nascosto dai tronchi di un bosco silenzioso. Oggi non c'è il vento, neanche il
vento a confondere una vista ormai stanca dei soliti luoghi, un udito abituato alle urla di dolore.
Comincia.
Sono pronta. La metamorfosi ha inizio.
Cosa
vedo? Vedo l’assenza riempirsi di assenza, di quel che non c’è più.
Vedo
il suo volto trasfigurarsi nei sorrisi di mio padre, delle sue risposte e dei
suoi buongiorno.
I
capelli si accorciano, gli occhi si fanno come i miei, le labbra no ... quelle
sono sottili, non come le mie gonfie di anni di musica, la sua parola è
leggera, curiosa, la sua risata sincera.
Un
altro albero, ancora passi, lenti passi, il volto muta sembianze.
Cosa
vedo? Vedo Piazza San Marco gremita di turisti, al centro troneggia un enorme
pianoforte, bianco e nero, ebony and ivory, insieme; irrompe una risata, mi
volto, il vento la porta via, mentre immagini di bambini che corrono e cantano
scorrono veloci; il volto mi guarda intensamente e riflesso nel suo sguardo
vedo un treno ... una scatola di ricordi, i miei ricordi, mi aggrappo a quella
scatola orfana. Il volto ora è uno squillo di telefono, un abbraccio, una
carezza, una stretta di mano, ora è coraggio, glielo vedo negli occhi, ora è
paura, ora è insicurezza ora è sostegno.
Vedo
mille anni, vedo venti anni.
Veloci
corrono le immagini sul volto dell’assenza, mentre il freddo aumenta, affondo
nella neve e quasi faccio fatica a raggiungere quel volto che fugge via.
Il
volto dell’assenza se ne va, prende la strada più dura, presto lo rivedrò, ogni
volta che mi guarderò intorno e sentirò il peso dell’assenza, lei mi risponderà
e farà tornare gli assenti, nel suo volto mi mostrerà ciò che non è più. Lei tornerà e quel volto dipinto di derisione e offesa mi toglierà il fiato.
Intanto
il cielo ha deciso di nascondere il mio di volto al mondo, la neve copre i segni
dell’assenza dai miei occhi che cercano altrove.
Ricomincia
a nevicare.
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