domenica 28 aprile 2013

Perché scrivere oggi?


Perché ho scelto di insegnare?
Perché ho sempre voglia di imparare.

Certamente oggi è stata una lunga giornata. Quando le giornate diventano lunghe significa che la speranza che arrivi presto la sera, la notte, cresce sempre di più, ogni minuto che passa. Perché scrivere? Perché oggi ho letto troppo, letto di tutto, ascoltato di peggio, pensato di più. Non è che generalmente non pensi, ma essere costretta a riflessioni che non vorresti fare, a pensieri che non vorresti avere, a sguardi che non vorresti incrociare...seppur solo nei ricordi, non è sempre facile, non è sempre “volontario” o salutare.
Tanti gli “attori” della giornata. Tanti i piedi a far rumore su un palcoscenico affollato e rumoroso. Tanti copioni e ...altrettanti ricopioni, lanciatori di link, smanettatori maniaci di post altrui che la mano lancia lontano magari senza leggere o controllare e spesso senza commentare. 

La parola del giorno è VIOLENZA. Si, l’ho urlata, ok? VIOLENZA!

A me la violenza non piace, mi spaventa, mi toglie il fiato e qualsiasi capacità logica di reazione. Ho conosciuto la violenza...quella verbale, quella violenza che fa rima con minaccia. Questo è bastato a togliermi la parola, ma non certo il disprezzo e l’odio contro la violenza, anzi ne ha aumentato il disgusto.

Io odio la violenza ... non dovevo dirlo? Odio è violenza? No, l’odio è un sentimento, un brutto sentimento che ti consuma dentro, fine a se stesso, anzi che ha fine in te stesso, ci fa male, ci corrode ma non porta a niente se non a consumarci, purtroppo quando c’è è anche difficile cancellarlo, gli animi e le persone non hanno tutte la stessa forza. Quando l’odio si trasforma in violenza esce fuori da te. Da me non è mai uscito l’odio, nel senso che non si è mai trasformato in violenza, mi ha consumato e basta, ho avuto spesso parole di rabbia o rancore, ma, penso, completamente giustificate, mentre chi ne ha avute per me non era giustificato e mi ha fortemente deluso. Ma questa è un’altra storia.

Oggi, 28 aprile, l’odio il rancore la rabbia i problemi la vita di una persona si sono trasformati in violenza.




Un uomo ha sparato a due altri uomini perché “non ce l’aveva con loro” semplicemente ce l’aveva con chi loro rappresentano. Quest’uomo è stato chiamato folle, poi è stato chiamato disperato ... e certamente la differenza tra le due definizioni è enorme. Ora “da folle è folle e quindi va fermato  e punito per questo, da disperato va compreso e quindi magari anche aiutato” così dicono i più. Comprendiamo?

So che il mio Bel Paese non si trova certamente in buone condizioni, sarebbe da stupidi ed irresponsabili dire che non è così, dire che non ci sono persone che hanno problemi di vario tipo, che la sfiducia nelle Istituzioni, nella giustizia, in chi ci rappresenta o dovrebbe farlo sia un sentimento molto diffuso.
Ma non per questo si può giustificare e neanche comprendere la violenza. No, non si può.
Dobbiamo essere disposti a ragionarci su, riflettere su cosa può accadere in una situazione difficile, quando una persona disperata non ce la fa più, tanto che la sua disperazione potrebbe portarlo a gesti estremi, possiamo e dobbiamo aiutare chi è in difficoltà, chiedere a chi deve aiutare di farlo, aiutarci magari l’un l’altro, ma crederci ... ricordiamo la costituzione?

« La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. »
art. 2

si parla di solidarietà vero? ah mi era sembrato, io credo nella costituzione, tutti dovremmo farlo, ma mai e poi mai possiamo arrivare a dire che la disperazione giustifica la violenza o peggio inneggiare al gesto di violenza, perché tale resta in ogni caso.
Io ho letto la nostra Costituzione, io la insegno e la faccio studiare e non sono un avvocato o un docente di giurisprudenza. Sono solo una semplice insegnante di lettere in una scuola media (chiamiamola così che è più diretto),anche se ancor prima di essere un’insegnante sarei una persona, e poi anche una cittadina italiana.

Insegno ai miei alunni che la violenza non è mai la soluzione, che il dialogo è la sola strada della comprensione e della solidarietà, che bisogna che ci aiutiamo gli uni con gli altri.
Insegno loro che se io sto dietro una cattedra sto lì per parlare ma anche per ascoltare, l’aula è il luogo del dialogo e così deve essere la società. Insegno loro che non bisogna urlare, che tutti possiamo parlare se lo facciamo in modo composto, insegno a chiedere scusa, a parlare apertamente, ad esprimere le loro opinioni, cerco di insegnare loro ad avere loro idee ... insomma le parole riempiono la mia classe.

Ora vi chiedo: è così difficile? Non mi venite a dire che la scuola è diventata altro dalla società, o che la scuola è lontana dalla società. I realtà è la società che si sta allontanando dalla scuola e chiede a me di rimediare, a me come agli altri docenti. Cosa dovrei fare io? Insegnare ad urlare? Insegnare che la violenza è giustificata se una persona perde il lavoro o rimane solo? Così andrebbe meglio? Cosa devo insegnare? Che i carabinieri o la polizia non ci difendono ma difendono solo chi non ci governa come vorremmo? Devo insegnare che strillare per farsi sentire o accusare o scaricare colpe è legittimo? Questo è quello che ho visto e sentito e letto oggi ... e sono inorridita.

Io chiedo scusa ai miei alunni quando sbaglio o li interrompo mentre parlano o leggono, spiego loro le regole invece di ordinare, non impongo il mio modo di pensare, chiedo la loro opinione anche per distribuire le ore durante la settimana o dare compiti, non strillo mai con loro. Ma soprattutto insegno cosa significa: responsabilità, dovere, solidarietà, rispetto, emozione, sentimento.

Ora vi chiedo: è così difficile? Sì, per me diventa sempre più difficile, se poi fuori, fuori nel mondo che loro, i miei alunni, abitano e si preparano a vivere con maggior consapevolezza, autonomia e maturità, c'è chi inneggia alla violenza.

Sbaglio io a voler insegnare tutte queste belle cose? Sono un’illusa? Ingenua?

A cosa serve la violenza? A NIENTE

Vogliamo dare il buon esempio e cancellare la violenza dalle nostre parole? Cancellarla dai toni, dai contenuti, dalle accuse reciproche, dalle strumentalizzazioni, dalle bocche di chi strilla e non si accorge di sputare proclami e di avere invece una grande responsabilità? La responsabilità dell’esempio.

Perché scrivere? Oggi ho voluto scrivere perché non mi piace la violenza, degli atti come delle parole. Le parole di violenza istigano e fomentano, si tramutano in altra violenza. Oggi ho voluto scrivere perché di fronte ad un atto di violenza, perché questo è stato, molti hanno giustificato, inneggiato, fomentato. E questo è peggio della violenza e io non ci sto, sebbene viva in un Paese e ne riconosca, purtroppo, le difficoltà. Io non ci sto, perché ognuno è libero di dire ciò che vuole, ma tutti dovrebbero sempre tenere a mente che le parole hanno un enorme valore, hanno conseguenze, restano nelle menti, colpiscono, ed è per questo che io vorrei maggiore responsabilità in chi usa le parole, libertà sì, ma anche responsabilità.


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