mercoledì 26 giugno 2013

Il volto dell'assenza

[...] Risalgo qui dove dianzi

vestiva il bell'abito grigio:
rivedo l'uncino, i romanzi
ed ogni sottile vestigio...
Mi piego al balcone. Abbandono
la gota sopra la ringhiera.
E non sono triste. Non sono
più triste. Ritorna stasera.
E intorno declina l'estate.
E sopra un geranio vermiglio,
fremendo le ali caudate
si libra un enorme Papilio ...
L'azzurro infinito del giorno
è come una seta ben tesa;
ma sulla serena distesa
la luna già pensa al ritorno.
Lo stagno risplende. Si tace
la rana. Ma guizza un bagliore
d'acceso smeraldo, di brace
azzurra: il martin pescatore...
E non sono triste. [...]


da L' assenza di Guido Gozzano




Un profondo respiro, uno sguardo intorno, nulla che parli, che ascolti, che si muova.
Vivere l'assenza, vivere di assenza, vivere senza.
Eccolo. Lì. Si nasconde ma lo vedo. C'è tanta neve intorno, fa freddo, mi stringo addosso al mio corpo, un abbraccio disperato. Lì. Vedo qualcosa muoversi furtivo tra il bianco candido e incontaminato, caduto giù per dispetto da un cielo capriccioso, che non tiene il conto dei giorni, giorni che corrono via, troppo veloci ...  
Lo vedo.
Occhi scuri di noce, capelli arruffati, fiato corto di chi si è fatto spazio a gomitate per essere assente.
Il suo volto è inconfondibile, maschera di giorni, ore, attimi, momenti aggrediti da rovi spinosi dove un tempo crescevano rose selvatiche. Il suo volto è davanti a me ora. Mi guarda. Mi osserva. Mi conosce e sa dove colpire.
Si muove lentamente, non ha impegni, la fretta non è per lui. Si mostra, mostro dal volto dai tanti volti, cammina lentamente lasciando impronte di sé a tratti nascosto dai tronchi di un bosco silenzioso. Oggi non c'è il vento, neanche il vento a confondere una vista ormai stanca dei soliti luoghi,  un udito abituato alle urla di dolore.
Comincia. Sono pronta. La metamorfosi ha inizio.
Cosa vedo? Vedo l’assenza riempirsi di assenza, di quel che non c’è più.
Vedo il suo volto trasfigurarsi nei sorrisi di mio padre, delle sue risposte e dei suoi buongiorno.
I capelli si accorciano, gli occhi si fanno come i miei, le labbra no ... quelle sono sottili, non come le mie gonfie di anni di musica, la sua parola è leggera, curiosa, la sua risata sincera.
Un altro albero, ancora passi, lenti passi, il volto muta sembianze.
Cosa vedo? Vedo Piazza San Marco gremita di turisti, al centro troneggia un enorme pianoforte, bianco e nero, ebony and ivory, insieme; irrompe una risata, mi volto, il vento la porta via, mentre immagini di bambini che corrono e cantano scorrono veloci; il volto mi guarda intensamente e riflesso nel suo sguardo vedo un treno ... una scatola di ricordi, i miei ricordi, mi aggrappo a quella scatola orfana. Il volto ora è uno squillo di telefono, un abbraccio, una carezza, una stretta di mano, ora è coraggio, glielo vedo negli occhi, ora è paura, ora è insicurezza ora è sostegno.
Vedo mille anni, vedo venti anni.
Veloci corrono le immagini sul volto dell’assenza, mentre il freddo aumenta, affondo nella neve e quasi faccio fatica a raggiungere quel volto che fugge via.
Il volto dell’assenza se ne va, prende la strada più dura, presto lo rivedrò, ogni volta che mi guarderò intorno e sentirò il peso dell’assenza, lei mi risponderà e farà tornare gli assenti, nel suo volto mi mostrerà ciò che non è più. Lei tornerà e quel volto dipinto di derisione e offesa mi toglierà il fiato.
Intanto il cielo ha deciso di nascondere il mio di volto al mondo, la neve copre i segni dell’assenza dai miei occhi che cercano altrove.

Ricomincia a nevicare.

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