domenica 29 dicembre 2013

Momentanee risposte


Ma se siamo tutti insieme dentro un bosco e io ad un tratto mi ritrovo sola, 
sono io che ho perso voi o voi che avete perso me?


Una piccola goccia, solo una piccola leggera lucente trasparente goccia.
Una mattina diversa dalle altre cominciò a scendere e sentì di essere triste; fu attraversata per un impalpabile momento da un senso di non appartenenza, si sentì estranea lì dov’era, una malinconia che gridava per quel nessuno che mai l’avrebbe custodita  in quella scatola accanto al cuore, sentì la sua voce perdersi.
Il vuoto.
Cosa ci faccio qui?
Si fece coraggio e mise accanto al suo buongiorno tutta quella tristezza, sussurrò la sua richiesta d’aiuto, lo fece con tutta la forza che riuscì a trovare.
Accanto al buongiorno ottenne indifferenza
ma che dici
e la goccia proseguì il suo viaggio.
La strada si faceva più impervia, sassi, rovi, salite e tremendi schianti, mentre quel buongiorno frastornava il suo cammino tra vuoti e voluti silenzi, pensati solo come specchio di se stessi
maschera di un lento addio.
La goccia trovò un riparo in cui qualcuno potesse ascoltarla e cominciò a narrare perché le faceva bene, raccontare leniva le sue paure, toccare i suoi pensieri con le parole la recuperava a se stessa, un mondo suo ma anche una finestra per chi avesse voluto ascoltare.  
Ma un tonfo sordo e i suoi racconti finirono.
Perché mai le parole non erano bastate a spiegare?
Quale sortilegio?
Fu come parlare a nessuno, un muro che già sapeva cosa pensare e dire; la goccia ricordava quella mattina, si era concentrata sulla sua tristezza perché nessuno l’aveva ascoltata  e il mondo se la prendeva con lei, quel mondo che però non aveva colpe, tutto quel mondo che aveva scansato per riprendere, sola, il suo viaggio in sé, quel mondo che si chiedeva perché mai aveva perso il suo sorriso mentre c’erano state risposte che non aveva ascoltato.
Ma tu hai ascoltato la goccia in quella mattina di primavera? No, mondo.
Tornò a scendere, sempre più forte, sempre più spesso e questa volta i rovi sulla strada divennero più fitti, difficile si fece scorrere tra gli interstizi dei pensieri, che si facevano sempre più pesanti.
Le parole l’avrebbero aiutata ad asciugarsi, il sole era tramontato ma due parole di affetto sarebbero state come il vento sui panni stesi ad asciugare. Non ci furono.
Decise di proseguire il suo viaggio, sarebbe stata dura ma mai avrebbe smesso di andare avanti e raccontare la sua storia … ma a chi?
Le giornate divennero più dure, un volto bagnato dalla pioggia, un cuore impazzito, difficili risvegli finché non venne il silenzio.
Fai silenzio, basta, non devi parlare, smettila …
La goccia esplose.
Un grande dolore la terrorizzò, divenne cento, mille, diecimila gocce di pioggia e allora decise che mai avrebbe fatto silenzio, lei aveva imparato a parlare di sé e mai nessuno le avrebbe imposto di tacere.
Il dolore ancora è forte, ogni volta porta con sé i mostri della vergogna, inspiegabile a dirsi, ma quella goccia è ancora e solo una piccola leggera lucente trasparente lacrima che continua a scendere giù dagli scogli impenetrabili di un’anima, portando con sé la nostalgia dei ricordi, la rabbia delle bugie, l’incomprensione delle offese … perché se una goccia dice che è triste ci deve essere sempre un’altra goccia ad ascoltare.

Vi auguro una pioggia battente. 
A me resta un risveglio senza buongiorno.

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