lunedì 24 novembre 2014

Non chiedermi perdono



Si sentivano spesso. Ma senza telefonarsi.
Si sentivano. 
Come si sente un'emozione.
A. De Pascalis




credere in parole scivolate nel buio
cercare un conforto dove c’è solo egoismo
nessuna risposta per una madre che chiede: Dov’è? Proprio ora?
i miei amici sono suoi figli e l’offesa non si dimentica
difendere da ipotesi gratuite con mani paralizzate da incoerenti minacce
rispedire al mittente inutili preghiere
che me ne faccio delle preghiere?
cancellare l’idea di inesistenti divinità
dimenticare cos’è fiducia
ascoltare un padre gridare e non poterlo raccontare, gridare ad animo amico
fare i conti con l’oltraggio della propria presenza
scendere a compromessi con la sensazione di essere un criminale
spingere ogni giorno avanti i minuti per affrettare il tempo che cancella
abituarsi al ritmo impazzito di un cuore malato
imparare a convivere col vuoto e affogare nel silenzio di una casa più grande
zittire una mente che cerca risposte
essere solo un pagliaccio, un pagliaccio che non può ammalarsi di tristezza.
Mi vergogno di avere bisogno.
Mi vergogno, ma resto incapace.

Non chiedermi perdono.



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