venerdì 20 marzo 2015

In una piazza fuori da me

Allieva flautista: 
Ma quando suono non respiro per me respiro per la musica. 
...
E in quel momento ci perdiamo un po' 
pausa dalla vita?




Perché quando qualcuno ti odia due sono le cose che puoi fare: non crederci e odiare a tua volta, crederci e odiarti a tua volta, ... la mia scelta è scontata ma mai indifferente, mai indifferenza.
Tante persone da far girar la testa, una festa, un mercato, una partenza, un arrivo, il caso.
Guardano in giro e vedono odio. Guardo in giro e non ho voglia di guardare, vedo, non ascolto, sento rumori che non comprendo.
Voglio scendere dal mio vagone, sono su un binario morto o magari troppo vivo, vivo fuori da me; mi manca l’aria, non ho più un braccio. Mi trascino in mezzo alla festa ma non so dove, non mi piacciono le feste, mi perdo, sono ormai alla deriva.
Hanno rapito l’aria in questo posto e le urla esplodono tra i miei pensieri mentre un martellante ticchettio conta i giorni dell’assenza. Colpisce a fondo, scava un’enorme buca ma non ha il coraggio di seppellirsi, lì, in fondo, dove quell’orologio non possa più contare i passi che restano.
Quella frase: sei una di quelle persone che quando entra in una stanza porta luce … quella frase,  perché non basta a soffocare quell’orologio? Perché non rivolge quel maledetto martello sul suo ticchettio infernale e lo uccide? 
Nessuna luce, in nessuna stanza, ora c’è il buio e mi sto cercando.
Persa.
Qualche giorno fa il vento ha trascinato via le radici del mio albero, sono uscite dal terreno, senza più forza ed esanimi hanno schiantato  a terra l’abete della mia vita, verde, alto e rigoglioso. Ora è in pezzi, tanti piccoli pezzi, morto, non è più e non sarà più.
Il vento, tira sempre il vento tra le mie parole, ora ha portato via me. Ha portato via me e le mie domande, me e la certezza di una mancanza, me e l’umiliazione di una richiesta, me e il troppo valore dato ai sentimenti, me e le bugie, la rabbia e la disperazione, me e l’assenza di me.
Persa.
Mentre fuori la piazza è in fermento, non sente il gelo lontano, è lì con i pezzi del mio abete, li schiva quasi fossero una profonda e sporca pozzanghera … uno schifoso e putrido luogo da evitare, un freddo e buio ieri dal quale allontanarsi.
E pensare che  avevo creduto di potercela fare.






1 commento:

  1. Anche io avevo un albero.
    Piantato da bambino assieme a mia madre.
    Anche lui non c' è più.
    Ma la natura è così. Quando cade un fulmine, quando c'è un terremoto, quando una vita appena sbocciata già appassisce. Non c'è un Dio da incolpare, nella libertà che ci ha concesso, ne una avversa sorte. Le anime non parlano italiano, ne inglese. L'anima non evita le cose brutte per il nostro cuore. Ha solo sete di esperienze. Tutte.
    E non sappiamo cosa dire ai nostri cuori quando gli occhi mirano le scure radici dei nostri alberi. E non sappiamo cosa dire agli occhi di un fanciullo che non ha più la madre.
    Ma l' universo non spreca nulla. Questo lo sappiamo. Tutto vive, nel suo perenne mutamento, che ha sempre lo stesso peso.
    Al di fuori delle leggi scritte dall' uomo, senza saperlo, abbiamo risposte.
    Risposte che possiamo leggere quando ci togliamo maschere, se ricordiamo di averne, e possiamo leggere il libro della vita senza preconcetti, leggi, regole, sovrastrutture.
    Dio ci ha donato il libero arbitrio, a noi sta la scelta.
    Come la scelta di credere che la morte non è una fine.
    E non è questione di fede. È questione di scelta.
    Come dovremmo scegliere le persone che ci stanno intorno, sceglierle ogni giorno, senza obblighi o contratti.
    Io scelgo di credere che dopo la morte le nostre anime si librano eteree verso un punto, con il loro bagaglio di esperienze da consegnare nelle mani dell' universo così da evolversi, espandersi. Diventare UNO.
    Ed in questo non c'è tristezza. C'è amore. C'è vita.

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