Qualcuno un giorno di non so più quanto tempo fa mi aveva
dimenticato. Una vita insieme, pensare, riflettere, tornare, rievocare,
imparare, guardare, soffrire, gioire e poi ... senza un motivo, era sceso da
quel treno, abbandonando le cartoline di una vita
saluti e baci...
Ricordo ancora quel momento, l'ansia per il viaggio, l'attesa frenetica della partenza, l'attimo in cui, colma e soddisfatta, carica di ricordi, emozioni, aspettative, nostalgie e rimorsi ... una serie infinita di fotografie del passato, ho visto chiudersi su di me il limite. Era forte, solido, un resistente confine col mondo, niente e nessuno lo avrebbe distrutto, niente lo avrebbe oltrepassato se non per esserne accolto, come era sempre stato.
Era una mattina d'inverno, alla stazione faceva freddo e la nebbia copriva i binari che sembravano correre verso l'infinito, in un altrove indefinito, ma altro da qui, in quel momento non sapevo dove sarebbe andato il mio viaggio, come avrei mosso i miei prossimi passi. Non avevo il minimo sospetto di una fuga. Il treno era pieno, c'era un calduccio confortante, il mio posto era lì, in alto, al sicuro, da lì avrei dominato il mondo, bella sensazione, mi rasserenava.
Il lento mormorio delle rotaie mi fece addormentare, nella quiete e nella serenità di essere lì, insieme a qualcuno che aveva deciso di portarmi con lui, che mai avrebbe pensato di disfarsi del suo passato, di quello che aveva vissuto, tante storie, infiniti ricordi che ora ballonzolavano nel tranquillo snodarsi verso un luogo lontano e diverso.
Aveva riposato nella convinzione della sua sicurezza, ma si era illusa; molto tempo era ormai passato ed era ancora lì, su quel treno, capace, ora, di raccontare altre storie, le sue.
A volte tornava a chiedersi come potesse assere accaduto...come si poteva decidere di dimenticare, lasciare, tagliare...dove si trovava tale forza, così tanto coraggio...eppure era accaduto.
Spesso il treno correva veloce; fermate brusche, scossoni, curve rapide, in quei momenti restare in bilico era molto difficile, la vita filava via e bisognava tenersi, aggrapparsi, ma soprattutto stare attenti a non perdere niente...a volte era talmente debole che qualche ricordo qua e là era riuscito a fuggire via, un volto, un sorriso, un nome...raramente una lacrima.
Perché? Mi chiedo perché devo continuare a conservare tutto questo caos che non è il mio? Ma in fondo ha rinunciato a me, un taglio netto!
Presto si era resa conto che nessuno, nel caos, faceva caso a chi viaggiava da solo, qualcuno la urtava, la spostava per far posto ad altro, talvolta aveva ceduto il posto a chi, stretto ai suoi ricordi, faticava a tenerli in vita...
Di nuovo, è successo di nuovo, il viaggio verso non so dove è lungo, e sono di nuovo in piedi...chi decide quali ricordi sono più importanti?...nessuno rispetta i ricordi abbandonati, senza nome, senza paternità, destinati all'ultima meta: l'oblio. Scansati da memorie forti, presenti.
L'ultima stazione si fa a volte più lontana, il tempo sembra fermarsi quando scende il buio e la carrozza si svuota, tutti gli altri hanno trovato un dove, allora le storie si fanno spazio nell'ordine e il passato chiama a raccolta i pensieri ... ma da sola, piccola memoria abbandonata vedo intorno i posti vuoti di un teatro di periferia, invidia di folle che coprono la tua debole voce.
Scendere? Ci aveva provato, tante volte, aggrapparsi a una mano amica, furba e furtiva e andare verso un'altra incognita meta, ma un sorriso l'aveva sempre ritirata su, da una porta, da un finestrino.
Ho combattuto fino alla fine e non sapevo perché o per chi, ho lottato affinché tutto rimanesse al suo posto, mi sono aggrappata al mio percorso facendo posto alla strada davanti a me; qualcosa ahimè l'ho perduto, forse non era così importante, forse non perderlo non dipendeva da me, ma solo dai momenti, dalle sensazioni che vivono negli istanti e ho dovuto lasciarli andare, farli scendere in stazioni solitarie...ormai quei momenti erano passati e non potevano più vivere.
Non è stato facile ... spesso i curiosi varcavano il confine rompendo con forza i margini...
Di chi è? Chi l'ha lasciata qui? Cosa c'è? Cosa è?
e via fuori una giornata al mare
fuori una gita scolastica, il primo giorno di scuola, un abbraccio della mamma, una carezza della zia, uno schiaffo del papà ... la morte della nonna...tutto questo è fuggito senza alcuna ragione
non so a chi dovrò renderne conto
Una meta?
Puntualmente vado alla ricerca del biglietto, con la strana presunzione che lì ci sia scritto dove sto andando, cosa devo fare, a volte lo trovo ma non capisco … il viaggio è di sola andata, ma quel pezzo di carta non riporta la destinazione continuo così il mio viaggio e il mio lavoro di sempre
altre no, non ritrovo il biglietto e viaggio nella paura che passi il controllore, il controllore della mia vita, mia? non so, in quella stazione ero andata come custode di una vita altrui...
Dai finestrini vedo correre il paesaggio, a volte si riesce a mettere a fuoco qualche particolare, altre fugge via, disinteressato o consapevole che tu non hai proprio voglia di osservare. Lui corre via, scorre e tu, recipiente traboccante e caracollante, scorgi la tua immagine riflessa sul vetro e in quei momenti ti vedi vivere, come se quello che vedi appartenesse a qualcun altro, respiri su quel vetro e l’immagine di te si dissolve e pensi che forse così ti vedono gli altri … tu li osservi vivere ma non pensi che loro facciano altrettanto, confondendoti con il mondo che corre, convinti che tu corri insieme a lui mentre ti trascini dietro questo enorme recipiente sempre più pesante. Ma chi sono ora?
saluti e baci...
Ricordo ancora quel momento, l'ansia per il viaggio, l'attesa frenetica della partenza, l'attimo in cui, colma e soddisfatta, carica di ricordi, emozioni, aspettative, nostalgie e rimorsi ... una serie infinita di fotografie del passato, ho visto chiudersi su di me il limite. Era forte, solido, un resistente confine col mondo, niente e nessuno lo avrebbe distrutto, niente lo avrebbe oltrepassato se non per esserne accolto, come era sempre stato.
Era una mattina d'inverno, alla stazione faceva freddo e la nebbia copriva i binari che sembravano correre verso l'infinito, in un altrove indefinito, ma altro da qui, in quel momento non sapevo dove sarebbe andato il mio viaggio, come avrei mosso i miei prossimi passi. Non avevo il minimo sospetto di una fuga. Il treno era pieno, c'era un calduccio confortante, il mio posto era lì, in alto, al sicuro, da lì avrei dominato il mondo, bella sensazione, mi rasserenava.
Il lento mormorio delle rotaie mi fece addormentare, nella quiete e nella serenità di essere lì, insieme a qualcuno che aveva deciso di portarmi con lui, che mai avrebbe pensato di disfarsi del suo passato, di quello che aveva vissuto, tante storie, infiniti ricordi che ora ballonzolavano nel tranquillo snodarsi verso un luogo lontano e diverso.
Aveva riposato nella convinzione della sua sicurezza, ma si era illusa; molto tempo era ormai passato ed era ancora lì, su quel treno, capace, ora, di raccontare altre storie, le sue.
A volte tornava a chiedersi come potesse assere accaduto...come si poteva decidere di dimenticare, lasciare, tagliare...dove si trovava tale forza, così tanto coraggio...eppure era accaduto.
Spesso il treno correva veloce; fermate brusche, scossoni, curve rapide, in quei momenti restare in bilico era molto difficile, la vita filava via e bisognava tenersi, aggrapparsi, ma soprattutto stare attenti a non perdere niente...a volte era talmente debole che qualche ricordo qua e là era riuscito a fuggire via, un volto, un sorriso, un nome...raramente una lacrima.
Perché? Mi chiedo perché devo continuare a conservare tutto questo caos che non è il mio? Ma in fondo ha rinunciato a me, un taglio netto!
Presto si era resa conto che nessuno, nel caos, faceva caso a chi viaggiava da solo, qualcuno la urtava, la spostava per far posto ad altro, talvolta aveva ceduto il posto a chi, stretto ai suoi ricordi, faticava a tenerli in vita...
Di nuovo, è successo di nuovo, il viaggio verso non so dove è lungo, e sono di nuovo in piedi...chi decide quali ricordi sono più importanti?...nessuno rispetta i ricordi abbandonati, senza nome, senza paternità, destinati all'ultima meta: l'oblio. Scansati da memorie forti, presenti.
L'ultima stazione si fa a volte più lontana, il tempo sembra fermarsi quando scende il buio e la carrozza si svuota, tutti gli altri hanno trovato un dove, allora le storie si fanno spazio nell'ordine e il passato chiama a raccolta i pensieri ... ma da sola, piccola memoria abbandonata vedo intorno i posti vuoti di un teatro di periferia, invidia di folle che coprono la tua debole voce.
Scendere? Ci aveva provato, tante volte, aggrapparsi a una mano amica, furba e furtiva e andare verso un'altra incognita meta, ma un sorriso l'aveva sempre ritirata su, da una porta, da un finestrino.
Ho combattuto fino alla fine e non sapevo perché o per chi, ho lottato affinché tutto rimanesse al suo posto, mi sono aggrappata al mio percorso facendo posto alla strada davanti a me; qualcosa ahimè l'ho perduto, forse non era così importante, forse non perderlo non dipendeva da me, ma solo dai momenti, dalle sensazioni che vivono negli istanti e ho dovuto lasciarli andare, farli scendere in stazioni solitarie...ormai quei momenti erano passati e non potevano più vivere.
Non è stato facile ... spesso i curiosi varcavano il confine rompendo con forza i margini...
Di chi è? Chi l'ha lasciata qui? Cosa c'è? Cosa è?
e via fuori una giornata al mare
fuori una gita scolastica, il primo giorno di scuola, un abbraccio della mamma, una carezza della zia, uno schiaffo del papà ... la morte della nonna...tutto questo è fuggito senza alcuna ragione
non so a chi dovrò renderne conto
Una meta?
Puntualmente vado alla ricerca del biglietto, con la strana presunzione che lì ci sia scritto dove sto andando, cosa devo fare, a volte lo trovo ma non capisco … il viaggio è di sola andata, ma quel pezzo di carta non riporta la destinazione continuo così il mio viaggio e il mio lavoro di sempre
altre no, non ritrovo il biglietto e viaggio nella paura che passi il controllore, il controllore della mia vita, mia? non so, in quella stazione ero andata come custode di una vita altrui...
Dai finestrini vedo correre il paesaggio, a volte si riesce a mettere a fuoco qualche particolare, altre fugge via, disinteressato o consapevole che tu non hai proprio voglia di osservare. Lui corre via, scorre e tu, recipiente traboccante e caracollante, scorgi la tua immagine riflessa sul vetro e in quei momenti ti vedi vivere, come se quello che vedi appartenesse a qualcun altro, respiri su quel vetro e l’immagine di te si dissolve e pensi che forse così ti vedono gli altri … tu li osservi vivere ma non pensi che loro facciano altrettanto, confondendoti con il mondo che corre, convinti che tu corri insieme a lui mentre ti trascini dietro questo enorme recipiente sempre più pesante. Ma chi sono ora?
In fondo il treno compie il suo
viaggio ma dentro è rimasto tutto lo stesso, non è cambiato nulla, nello stesso
spazio neanche ci si è accorti che il treno si è mosso così velocemente. Mi
chiedo se una mosca che vola dentro un aereo sia consapevole di volare da un
continente all’altro e non solo dentro uno spazio ristretto … ma ci sono le
mosche in aereo?
Questa vita altrui è diventata mia, anche se non so cosa ci sia
qui dentro, niente mi sembra cambiato, qualcosa perduto, ma il biglietto è
di sola andata e solo la mente o il cuore si può concedere il permesso di
guardare indietro … sul treno non proiettano film.
Forse un giorno troverò chi mi dirà dove vanno a finire i ricordi quando si decide di dimenticare, io sono solo una semplice scatola abbandonata o dimenticata su un treno.
Forse un giorno troverò chi mi dirà dove vanno a finire i ricordi quando si decide di dimenticare, io sono solo una semplice scatola abbandonata o dimenticata su un treno.
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